La vita nel quartiere di Via dell’Archeologia, nella periferia romana di Tor Bella Monaca, è un microcosmo autarchico in mano a un’economia sommersa prodotta dalla rete criminale dello spaccio. La scuola di quartiere, dove confluisce una gioventù spesso irrequieta con un’eredità familiare complessa, è stata per anni afflitta dagli alti tassi di dispersione scolastica e dalle difficili condizioni di insegnamento. Ma l’arrivo di una nuova dirigenza ha mostrato un modo diverso di fare scuola in periferia, capace di disinnescare le dinamiche di quartiere e riattivare l’ascensore sociale: una parabola che racconta come l’istruzione abbia il potere ambivalente di scardinare o cementare le diseguaglianze spaziali d’Europa.

Ci sono volute tre ore per pulire una finestra. Tre ore per togliere via le incrostazioni di vent’anni di incuria e disinteresse che si erano stratificati tra le grate e il vetro opaco.

Da quando lo spazio della biblioteca scolastica è stato preso in carico, dopo tre anni e sedici carrelli della spesa pieni di tomi da buttare, quella vecchia stanza di sbroglio con le finestre sudicie è finalmente tornata a essere uno spazio vivibile. Adesso i libri sono stati catalogati e dalle finestre si intravedono le file di ‘torri’ d’edilizia popolare che svettano su Via dell’Archeologia, a Tor Bella Monaca: grandi palazzoni di un bianco sporco che riflettono il sole nelle giornate terse e si dissolvono quando il cielo è livido.

Situata oltre il Grande Raccordo Anulare, nel Municipio VI a est di Roma, Tor Bella Monaca è uno dei tanti ritagli di spazio periurbano trasformati in enclave della diseguaglianza dalle dinamiche di borgata. Sorti su terre conquistate originariamente dall’abusivismo edilizio postbellico, sono oggi sfilacci di terra in periferia, spazi in continua definizione dove i tentacoli della capitale si dilatano e il potere centralizzato si annacqua.

The social housing blocks of Via dell’Archeologia, in Tor Bella Monaca, from a window of the Melissa Bassi Institute.
The social housing blocks of Via dell’Archeologia, in Tor Bella Monaca, from a window of the Melissa Bassi Institute.

A Tor Bella Monaca il cemento è disordinato e lascia spazio a una natura poco curata, a tratti dominante, dirimpetto a un’edilizia dalla scarsa manutenzione. È uno dei quartieri dove le abitazioni popolari rappresentano l’82% degli appartamenti e la densità di patrimonio pubblico è la più alta d’Italia. La zona si è fatta un nome soprattutto per l’attività criminale legata alla rete dello spaccio. In Via dell’Archeologia, la principale piazza di traffico illecito del quartiere, si calcola un giro di affari di stupefacenti di circa 600.000 euro mensili. Tor Bella Monaca vive di un’economia sommersa che si sazia di un quartiere senza molte altre possibilità di scelta, dove i tassi di disoccupazione sono molto superiori alla media della capitale.

Unico presidio istituzionale della zona, infilato nella convergenza triangolare tra le due parti di Via dell’Archeologia, è l’Istituto Comprensivo “Melissa Bassi”, un complesso di edifici colorati con un giardino trasandato e una piccola biblioteca dalle vetrate appena lucidate.

La scuola oggi conta 720 iscritti tra infanzia, primaria e secondaria, di cui la maggior parte ragazzi di quartiere: sono i figli e le figlie di Via dell’Archeologia, dove le famiglie sono numerose e ci sono più minorenni che adulti. È una gioventù di borgata la cui vita irrequieta invade i confini scolastici; così, tra le palazzine messe in fila, scuola e ragazzi condividono un destino irrimediabilmente attorcigliato alle dinamiche di quartiere.  

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La strada chiusa

Tor Bella Monaca si caratterizza per le strade frastagliate e un quartiere che si sviluppa in altezza. Venendo dal centro della borgata, poco prima di arrivare alle torri di Via dell’Archeologia e a meno di due chilometri dall’Istituto Melissa Bassi, c’è una struttura ampia e tarchiata con un colonnato all’entrata: è il Liceo Scientifico Linguistico Amaldi. Un liceo che, nonostante il contesto di periferia e al contrario del Melissa Bassi, è considerato uno degli istituti superiori migliori del Lazio.

Emiliano Sbaraglia, insegnante di materie letterarie al Melissa Bassi, ha toccato con mano per anni la qualità dell’insegnamento all’Amaldi durante i suoi anni da supplente: “La differenza è tanta, soprattutto a livello di preparazione e dal punto di vista didattico. E mi manda in bestia pensare che non ci siano neanche un paio di chilometri di distanza a separarci – allora perché là sì e qua no?”, borbotta. È un uomo di mezza età con le dita fasciate da grossi anelli e il capo brizzolato, una figura pacata che è diventata per molti un punto di riferimento a scuola.

“Chi dalle nostre medie va lì viene trattato come quello che tanto verrà bocciato perché non ha le competenze di base necessarie. Ci proviamo a combattere questo pregiudizio, ma in parte è anche vero”, spiega Emiliano mentre la sua auto sfreccia tra la schiera di terrazze e palazzoni lividi di Via dell’Archeologia.

“Ecco il perché: è questa strada”.

A Tor Bella Monaca, l’urbanistica pubblica e privata di borgata è asservita alla cultura dello spaccio. Negli spazi interstiziali delle palazzine nate nel boom d’edilizia popolare degli anni ‘80 sopravvive un sottobosco che ha generato un’economia modulare autosufficiente e inscalfibile: nonostante le ripetute retate, nelle torri dello spaccio, gli ascensori sono bloccati e usati come stoccaggio della merce mentre le terrazze restano punti strategici da cui fare la vedetta.

Nel parcheggio della scuola, Emiliano delinea con le dita il confine invisibile di quel microcosmo autogestito: “Continuando verso l’imbocco autostradale,” spiega “c’è il collegamento con la Roma-Napoli che in due ore porta al cuore dello smercio di droga d’Italia, il quartiere napoletano di Scampia”. Un ponte per la droga che definisce e scolpisce la vita di quartiere.

“Si fa fatica a tenere le regole della strada al di fuori della scuola”, racconta Emiliano.

An outdoor lesson in an area of ​​the school’s garden that students helped renovate. 

Una scuola aperta

Insegnare negli istituti di periferia come il Melissa Bassi può essere una scelta politica. Prima di chiedere il trasferimento, nel suo primo anno di ruolo, Emiliano era entrato con una cattedra in una scuola media borghese a Frascati, a duecento metri da casa, dove è nato e cresciuto; proprio vicino al campetto da calcio dove giocava come centro-avanti e non lontano dal pub dove lavorava fino alle due di notte.

“Ho chiesto il trasferimento per venire qui. Ho scelto questa scuola perché qua mi sento utile”.  Emiliano non è l’unico a insegnare al Melissa Bassi per scelta e questo ha fatto spesso la differenza: “Fino a qualche anno fa criticavo molto gli insegnanti che appena arrivati chiedono il trasferimento. Poi ho capito che non tutti sono portati a insegnare in un contesto del genere”.

Dal 2011, quando Emiliano entrò per la prima volta al Melissa Bassi con Save The Children per allestire studi radiofonici improvvisati nelle aule scolastiche, l’Istituto è cambiato molto. Per molto tempo, la scuola ha risentito degli anni persi in reggenza: mancava il dirigente di ruolo e il titolo veniva assunto da presidi di altri istituti che spesso non avevano il tempo né la dedizione di gestire le complessità di una scuola come quella. Ma dopo il susseguirsi di reggenze, nel 2019, una nuova dirigente di ruolo, Alessandra Scamardella, ha dato alla scuola e al corpo docenti compattezza e presenza. Tre giorni alla settimana, la porta del suo ufficio è aperta a tutti, incluse le famiglie.

“La stabilità data dalla dirigenza e da alcune nuove linee educative ha ricucito la fiducia del territorio nell’istituzione scolastica”, spiega la dirigente. “Qui i genitori vanno accompagnati, invitati, richiesti: non funziona la formula dell’open-day virtuale come per altre scuole… siamo perennemente in ritardo con le scadenze e i genitori vanno rincorsi. Per questo stiamo anche cercando di coinvolgerli, per esempio, nei processi di alfabetizzazione informatica”.

A Via dell’Archeologia, la capillarità della scuola nel territorio ha messo in relazione istituzioni, organismi locali e comunità: per la prima volta dopo tanto tempo, nel quartiere si propone un modello diverso di rapporto tra enti statali e collettività, in zone che rimarrebbero altrimenti ai margini dell’azione politica.

“In collaborazione con la Fondazione Paolo Bulgari, stiamo organizzando un presidio dei servizi sociali che sia aperto almeno una volta al mese per fare in modo di avere una sinergia tra istituzioni statali sul territorio e associazionismo”, spiega la dirigente Scamardella. Iniziative che nascono anche dall’esigenza di intervenire sull’isolamento della comunità locale e di far conoscere tramite la scuola realtà al di fuori dei confini di Via dell’Archeologia.

Persino gli interni del Melissa Bassi hanno cambiato aspetto per accogliere nuove dinamiche e modelli di insegnamento: sotto la guida della nuova dirigenza, nella scuola ogni giorno si riconquistano gli spazi perduti negli anni, alcuni precedentemente ingombrati da spazzatura e vecchi mobili, altri diventati presidi personali. L’istituto è enorme, ha aule ampissime e coni d’ombra abbandonati nel susseguirsi disattento delle reggenze. Prima, nella noncuranza generale, custodi e inservienti rivendicavano parti del plesso scolastico, trasformando luoghi pubblici in spazio privato: c’era chi si portava il fornetto e chi nella struttura ci abitava.

“C’erano delle stanze ignote, chiuse a chiave, magari perché il bidello si era impossessato dello spazio. Ma come fai a impossessarti di uno spazio pubblico?”, si chiede Marco Fusco, docente di ruolo di arte e immagine. Mentre racconta, riordina le opere dei ragazzi nel nuovo laboratorio d’arte, una sala dalle pareti blu e dai termosifoni gialli che è stata recentemente risistemata grazie all’aiuto degli studenti.

“Sono tanti i posti sottratti a chi li aveva rivendicati per essere restituiti alla scuola”, spiega Marco. Fino a pochi anni fa, anche quella che oggi è l’ampia sala dei professori, con i muri dipinti e una vista sul cortile interno, era una falegnameria a uso magazzino dove pioveva dal soffitto. In un altro spazio è invece nato il laboratorio di street art, sotto l’egida di Mario Cecchetti dell’associazione ColorOnda di Tor Bella Monaca; di fianco, un’aula è stata data al Museo delle Periferie e un’altra è diventata il laboratorio di musica.

Nel tentativo di dare un senso al suo presidio nel sistema autarchico di Via dell’Archeologia, la scuola ripittura pareti, costruisce spazi di aggregazione e migliora i rapporti col vicinato per creare una possibilità di esistenza alternativa all’interno del quartiere. Ma di là dalla compattezza delle sue mura, si dimena una vita di borgata che obbliga gli studenti a un senso di appartenenza di altro tipo, che ha forse più a che fare con la durezza del cemento.

Marco Fusco, art and drawing teacher, at Melissa Bassi. Marco’s students are reclaiming disused spaces in the school, transforming this once abandoned classroom into an art laboratory. 

 

Eredità di quartiere

Da quando lo scorso gennaio Maira (nome di fantasia) ha compiuto 17 anni, a scuola non si vede più. A volerla cercare, la si può trovare al di là della strada, appena fuori dal plesso scolastico, nella desolazione delle conche di luce abbacinante che riempie gli spazi vuoti tra gli edifici o nella penombra delle strettoie che li attraversano.

La strada di Maira si intreccia a una vita di quartiere che è fuori dal suo controllo. La cultura dello spaccio l’ha lasciata vagare di casa in casa da sola mentre i genitori erano in galera, per poi toglierla dall’affido del nonno trovato casualmente mentre sniffava cocaina durante una visita di controllo dei servizi sociali. Con una fatica generazionale ereditata, mentre veniva sballottata da una parte all’altra di Via dell’Archeologia, vedeva cambiare il civico ma non il risultato.  

“E che vogliamo fare – te la vuoi prendere con Maira?”, si domanda Emiliano.  

A Tor Bella Monaca, sono almeno tre anni che Emiliano le corre dietro per i labirinti di Via dell’Archeologia; e Maira è solo a metà della sua lista. In quel piccolo mondo, la classe in cui insegna Emiliano è la riproduzione fedele delle statistiche: “Siamo tra i peggiori nella dispersione scolastica italiana: al Melissa Bassi la media è del 19%, contro il 10% della media europea e il 13% di quella nazionale. Su diciotto studenti me ne sono persi quattro, in perfetta media. In otto anni sono tanti, troppi: cominciano e poi non finiscono per colpa del quartiere”. Così a scuola un gruppo di docenti monitora gli studenti a rischio di abbandono scolastico, lavorando anche in concerto con le strutture sanitarie e i servizi sociali del territorio: nel 2022 in certe scuole si parla di supporto alla digitalizzazione, al Melissa Bassi di supporto agli alunni.

I numeri della dispersione scolastica di Via dell’Archeologia non sono casi isolati: sono istantanee che ricordano i dati europei di certe scuole rurali in Francia o la segregazione sociale dei collegi pubblici nelle banlieue parigine. Là, anni di centralizzazione del sistema educativo e una polarizzazione nella qualità degli insegnamenti tra banlieue e quartieri ricchi, campagne e città, ha creato un sistema educativo aperto in due: binari paralleli in cui l’istruzione fallisce nel suo ruolo di ascensore sociale e condanna le nuove generazioni al determinismo della propria geografia d’appartenenza.

The school garden. With the help of local associations, the new management is giving the school’s spaces a new lease of life. 

In tutto il mondo, esiste una topografia sociale dove le disparità spaziali intaccano l’opportunità di migliorare le prospettive socio-economiche di un’intera generazione. In Inghilterra, le fratture causate delle diseguaglianze geografiche cambiano il futuro degli studenti, soprattutto se provenienti da famiglie a basso reddito: mentre a Londra l’indice di mobilità sociale è tra i più alti del Paese, l’Inghilterra delle campagne inglesi, delle coste frastagliate e dei vecchi centri industriali si paralizza. Così nelle città di Hasting ed Eastbourne, nel litorale sud del Paese, sono solo il 10% i giovani provenienti da contesti sociali svantaggiati che si iscrivono all’università, contro il 50% dei distretti del lusso londinesi di Chelsea e Kensington. È il profilo dei quartieri che appesantisce l’eredità sociale del contesto di nascita.

L’educazione è uno dei principali motori di redistribuzione sociale, soprattutto se si parla di scuola primaria e secondaria. Ma come spesso accade, i quartieri che hanno più bisogno sono anche quelli in cui la qualità dell’insegnamento e dei servizi scolastici è più carente: per molti, la prima disuguaglianza è proprio l’accesso a un’educazione di qualità. Nella periferia romana come nelle città costiere di Hastings o Eastbourne, la scuola ha l’opportunità di scardinare una pesante eredità territoriale che le nuove generazioni si trascinano dietro.

“Come si fa a convincere questi ragazzi? Ai tempi delle reggenze, li andavo a beccare per strada e gli dicevo di tornare a scuola perché magari non li si vedeva da due settimane; però mi rispondevano: ma se non viene il preside a scuola, ci devo andare io, che guadagno 150 euro al giorno qua fuori? Allora restavo nudo, disarmato, e me ne tornavo a scuola senza nulla da dire”, racconta Emiliano. “Ora invece qualcosa la posso dire, perché un modello diverso a scuola c’è”.

Periferie politiche

Tra i corridoi, nel susseguirsi di piani e spazi interrotti, si ha l’impressione di una scuola piena a metà. Mentre si dirige verso la biblioteca, Emiliano parla di un’emorragia di iscritti che ha ridotto le sezioni a tre: “Nel 2011 arrivavano fino alla E e i piani erano tutti pieni. Ma con i tanti anni in reggenza, la scuola ha iniziato a tirare avanti alla giornata, così le iscrizioni sono diminuite. Se dovessero calare ancora, correremmo il rischio di diventare succursale di un altro plesso. Sarebbe una grande perdita perché qui, a Via dell’Archeologia, siamo l’unico presidio istituzionale”.

Nonostante i tanti anni in cui la scuola ha avuto un calo di iscrizioni, il cambio di direzione nella dirigenza ha tamponato le perdite e ora il numero degli studenti inizia finalmente a risalire. Al Melissa Bassi, la differenza l’ha fatta un corpo docenti più attivo e selezionato che ha dato un senso alle ore di lezione. Ma mentre il ruolo degli professori rimane cardine, è la capacità di adattare l’insegnamento al contesto –oltre che un maggiore accesso a risorse e servizi- a rendere i sistemi educativi più equi. Elementi che sono, però, spesso fuori dalla competenza delle singole scuole, sebbene indispensabili per non lasciare tutto in mano all’accidentalità di alcune dirigenze illuminate.

Tor Bella Monaca è periferia anche in senso di politiche istituzionali. Sebbene al quartiere siano riconosciute esigenze particolari in quanto “zona a rischio” in termini di insegnamento, la tendenza all’accentramento della macchina istituzionale mal si adegua agli strappi sociali che molte scuole si trovano a dover ricucire. “A livello nazionale, non esiste una reale autonomia per l’organizzazione degli uffici scolastici, un fattore fondamentale per gestire aspetti quali i meccanismi di inserimento in graduatoria e l’attribuzione di posti vacanti amministrativi. Poi c’è il problema del numero di docenti per classe, che spesso non tiene di conto di certe situazioni specifiche dell’istituto. La burocrazia – che non è sempre molestia e che va comunque rispettata- impone condizioni che non mettono in conto le difficoltà della scuola nello specifico. E poco conta la gestione interna quando ci sono aspetti calati dall’alto”, spiega la dirigente Scamardella.

Children on their way to musical and creative activities. 

In mano al proselitismo  

Emiliano è seduto tra i banchi della biblioteca, la stessa dove tre anni prima si accumulavano cianfrusaglie e scatoloni e dove ha impiegato tre ore per pulire una finestra. “In otto anni di insegnamento in questa scuola ho capito di non sapere nulla. Il quartiere devi abitarlo 24 ore al giorno per comprendere veramente cosa vuol dire vivere qua”.

Nella biblioteca c’è una porta-finestra che affaccia sul cortile di una delle tante entrate secondarie della scuola. Emiliano spera che un giorno, dopo l’ultima campanella della mattina, quella possa diventare l’entrata della nuova biblioteca territoriale: “Una cosa l’ho capita: se tieni aperta la scuola il pomeriggio, anche solo fino alle cinque, aiuti le famiglie e tieni i ragazzi lontani dalla strada”.

A Tor Bella Monaca la politica è spesso quella propagandistica e svuotata delle campagne elettorali. Il quartiere è oggetto di un proselitismo politico e sociale che ha spesso danneggiato la qualità ed effettiva sensatezza di iniziative e interventi. Mentre il quartiere rimane ai margini di una concreta risoluzione della politica, le potenzialità di trasformazione dell’ambiente locale rimangono inesplorate, lasciando la salvezza di Tor Bella Monaca in mano alla progettualità locale. “Avete visto quanti spazi verdi ci sono? Si potrebbe ottenere tantissimo investendo anche solo su ambiente e giovani nel quartiere”, spiega Emiliano.

In Europa, le enclave della diseguaglianza sono diventati focolai del populismo d’estrema destra. “Questo municipio è stato vinto da Fratelli d’Italia e quando ne è stato eletto il Presidente, a Via dell’Archeologia hanno festeggiato con il saluto romano. E pensare che questo, negli anni ’80, era uno dei quartieri più comunisti che c’erano a Roma. Cosa è successo in trent’anni?”. Nelle borgate come Tor Bella Monaca, dove comandano i principi della deprivazione economica e dove i plessi scolastici si inaridiscono, la polarizzazione e lo scontro sociale si generano da una vita di quartiere lontana dai benefici della politica e del sistema sociale collettivo: uno scarto che produce sfiducia nelle istituzioni. Anche così le periferie sono diventate roccaforti del populismo d’estrema destra.

Nelle borgate d’Europa, incorniciato da un paesaggio diverso, non più fatto di alberi e palazzoni grigi, c’è il dispiegarsi lento di uno stesso ritualismo della diseguaglianza che è anche un fallimento generazionale in mano alle istituzioni e alla politica.

La fatica dell’Istituto Melissa Bassi di Tor Bella Monaca racconta la storia delle tante scuole che operano nel fronte sociale dei paesi europei, in quel vortice delle diseguaglianze dove la forza centrifuga del sistema educativo combatte contro quella centripeta del quartiere. Per l’importanza dell’educazione nel produrre sistemi sociali più equi, gli istituti delle periferie rurali e urbane d’Europa richiedono maggiori risorse, personale e autonomia di altri; ironicamente, sono spesso anche quelli più trascurati dagli interventi politici. Nonostante il supporto zoppicante delle istituzioni, al Melissa Bassi è bastato un corpo insegnanti selezionato e guidato da una visione comune a svelare il reale potenziale degli istituti educativi che operano in contesti di profonda disuguaglianza. È la prova che garantire un accesso a un’educazione di qualità e promuovere investimenti a lungo termine sul territorio sia fondamentale per una politica di scardinamento delle disparità che affliggono l’Europa.

Foto di Federico Ambrosini. All rights reserved.