Una frase che si sente spesso in merito alle diverse crisi mondiali a cui stiamo assistendo è: “I più duramente colpiti sono i più deboli”. C’è da chiedersi, però: cosa significa essere vulnerabili agli shock dell’energia e dei prezzi, e cosa implica nella vita di tutti i giorni?

Questa serie di scenari vuole presentare una panoramica delle conseguenze delle crisi attuali sulla vita delle persone, e dei casi in cui le risposte politiche si dimostrano insufficienti. Sentiamo parlare dei richiedenti asilo che, potendo contare unicamente su sussidi irrisori, lottano per ottenere un alloggio in un mercato sovraffollato e discriminante.

Sentiamo parlare dell’inasprimento della povertà in Europa e delle conseguenze sulle donne, che vivono la crisi in prima persona. Leggiamo anche di giovani che faticano ad arrivare alla fine del mese, e di anziani che rischiano a loro volta di sprofondare nell’indigenza e nella solitudine.

Tutte queste storie insieme ci forniscono una fotografia realistica delle conseguenze devastanti della crisi e delle scelte difficili che tante persone sono spinte a compiere.

Richiedenti asilo in Irlanda: un tunnel senza uscita

In Irlanda, molti richiedenti asilo si trovavano già in difficoltà prima dell’aumento del costo della vita, vivendo spesso con la modesta cifra di 38,80 euro a settimana per anni, prima di poter beneficiare dello status di rifugiati, della protezione sussidiaria o del permesso di rimanere sul territorio. Nell’attesa, molti di loro si vedono negata la possibilità di costruire reti sociali e raggiungere l’indipendenza economica, ragione per cui l’inizio di una nuova vita una volta ricevuti i documenti può rivelarsi demoralizzante: alloggi umidi e male isolati e bollette che già prima della crisi energetica erano difficili da pagare. Spesso i migranti devono fornire sostegno economico alle famiglie nel Paese d’origine, che siano coniugi con figli, genitori anziani, fratelli o sorelle che dipendono da loro. La crisi spinge molte persone a compiere scelte difficili su quanto denaro impiegare per i propri bisogni e quanto mandarne alle famiglie. È già molto complicato mantenere un solo nucleo familiare, figuriamoci due in Paesi diversi.

Sia il Consiglio irlandese per i Rifugiati che un gruppo consultivo del governo hanno chiesto a lungo un aumento della somma versata settimanalmente ai richiedenti asilo, ma il governo ha rifiutato. Il MASI (Movement for Asylum Seekers in Ireland) ha inoltre richiesto che i bambini richiedenti asilo possano beneficiare degli aiuti per l’infanzia allo stesso modo dei bambini irlandesi, per contrastare il circolo vizioso di povertà in cui molti di loro si ritrovano.

La crisi immobiliare irlandese contribuisce ad aggravare la situazione dei migranti: circa 4000 persone vivono attualmente in centri di accoglienza per richiedenti asilo a causa delle difficoltà riscontrate nell’affittare una casa. Pur di uscire dai centri, molti di loro accettano qualunque alloggio riescano a trovare, ritrovandosi spesso in case umide e mal coibentate e pagando ogni mese bollette energetiche salatissime.

 Per andare incontro alle esigenze abitative di rifugiati e persone senza fissa dimora, il governo ha introdotto il sussidio HAP (Housing Assistance Payment) con il quale, tramite le amministrazioni locali, lo Stato paga l’affitto, entro un limite massimo, al proprietario dell’alloggio. Il problema è che la competizione per gli alloggi è estremamente serrata: per un solo appartamento capita di vedere file di decine e decine di persone interessate, e in genere i proprietari preferiscono non avere a che fare con la burocrazia relativa all’HAP. Migranti, rifugiati e richiedenti asilo non sono i soli ad essere esclusi dal mercato immobiliare e a dover competere per i pochi alloggi disponibili. Di recente, i media nazionali hanno riportato il caso di venti persone ammassate in un appartamento con solo quattro stanze da letto. Nonostante la mancanza di alloggi e le condizioni scarse di questi ultimi, il governo non ha considerato l’impiego di alloggi sociali, delegandone la responsabilità al settore privato.

In risposta all’aumento del costo dell’energia, lo Stato fornisce un sussidio di circa 200 euro per aiutare le famiglie a sostenere i costi delle bollette. Altri 400 euro sono previsti per il 2023. Questi aiuti sporadici non sono sufficienti: le spese per l’energia aumentano continuamente, e vanno quindi sostenute in maniera costante, non una volta ogni tanto. Alcuni migranti, tra cui gli studenti stranieri e i titolari di permessi di lavoro, non possono accedere a questi incentivi perché i loro visti non permettono di beneficiare di fondi pubblici e prestazioni sociali. Questo limite era stato revocato durante la pandemia, ma da allora non sono state annunciate misure simili per contrastare la crisi attuale. Di conseguenza, i cittadini non-UE che vivono e lavorano o studiano in Irlanda esitano a cercare supporto. Le disposizioni del governo irlandese equivalgono a bendare una ferita senza prima pulirla. In questo periodo di crisi, il nostro movimento chiede al governo di rendere universali le misure contenitive di supporto. Migranti e richiedenti asilo contribuiscono in molti modi alla società irlandese: molti pagano le tasse ma continuano a non avere accesso ad aiuti pubblici e previdenza sociale. Mentre i produttori di energia registrano profitti record, a subire più duramente le conseguenze della crisi sono gli individui al margine della società.

Donne e ragazze: la precarietà mestruale in aumento

Con il costo della vita in continua crescita, milioni di donne in tutto il mondo faticano a permettersi i prodotti di igiene mestruale. Già prima dell’attuale crisi economica le donne erano spesso costrette a scegliere fra comprarsi da mangiare o un pacco di assorbenti. Secondo le organizzazioni attive contro la precarietà mestruale, la situazione sta peggiorando. Mentre i prezzi di petrolio, energia e generi alimentari schizzano alle stelle, le donne si trovano di fronte ad ulteriori discriminazioni.

“È inevitabile che, durante una crisi che spinge molte persone sotto la soglia di povertà, il tasso di precarietà mestruale aumenti” spiega Ella Lambert, fondatrice del Pachamama Project. “Gli ultimi anni hanno visto succedersi una crisi dopo l’altra: pandemia, guerra in Europa e ora anche l’aumento del costo della vita. È quindi ovvio che la precarietà mestruale si aggravi”.

Nonostante la scarsità di dati precisi, si stima che la precarietà mestruale colpisca una persona interessata su 10. In Olanda, un sondaggio condotto sulle donne tra i 12 e i 25 anni ha rivelato che quasi il 9 per cento di loro non può permettersi i prodotti per il ciclo. Più della metà delle intervistate reputa tali prodotti troppo cari. In Spagna, quattro donne su dieci non possono permettersi i propri prodotti mestruali preferiti, mentre il 20 per cento fatica a comprare qualunque tipo di prodotto. Nel Regno Unito, una persona su otto prevede che avrà difficoltà a procurarsi i prodotti per l’igiene mestruale nell’anno a venire.

Nella florida Europa occidentale, donne e ragazze a basso reddito di tutte le età sono obbligate ad improvvisare con stracci, carta igienica, pannolini o addirittura carta di giornale quando non possono permettersi gli assorbenti. Le donne senza fissa dimora o senza documenti, in condizioni di vita precarie, sono ancora più a rischio. Nei campi di rifugiati, le donne non solo faticano ad accedere ai prodotti per il ciclo, ma sono inoltre stigmatizzate per via delle mestruazioni e soffrono della mancanza di strutture sicure ed adeguate a loro destinate. Nel Sud del mondo, la metà delle donne e delle ragazze sono costrette ogni mese ad utilizzare stracci, carta o erba. Il 10 per cento delle giovani nell’Africa sub-sahariana non va a scuola nei giorni di ciclo.

Laddove manca l’accesso ai prodotti di igiene mestruale, ad uno spazio sicuro dove utilizzarli e alla possibilità di gestire il proprio ciclo senza vergogna, l’impatto sulla salute fisica e psichica e sull’istruzione può rivelarsi devastante. “La nostra società ha bisogno di mettere in atto risposte più efficaci alla precarietà mestruale”, esorta Lambert.

La Scozia si è mostrata all’avanguardia divenendo, ad agosto 2022, il primo Paese al mondo a rendere i prodotti d’igiene mestruale accessibili a chiunque gratuitamente. “Mentre il costo della vita aumenta, il Period Products Act è un faro nella nebbia che riaccende la speranza nella politica, mostrando i risvolti positivi di una politica comune fatta per il bene delle persone”, ha dichiarato Monica Lennon, membro del Partito laburista al Parlamento scozzese.

La Germania ha ridotto le tasse sugli assorbenti dal 17 al 9 per cento nel 2020, in risposta alla pressione esercitata dai gruppi militanti per i diritti, che si sono concertati per creare una campagna online per mettere fine all’applicazione della tassa di lusso sui prodotti mestruali, che ha raccolto più di 180mila firme. Anche Spagna, Francia, Polonia e Austria hanno abbassato le tasse su questi prodotti in risposta alle proteste.

I governi possono e devono adoperarsi per debellare la precarietà mestruale, ma è necessario anche un aiuto esterno. “Sempre più lavoro è richiesto alle organizzazioni non profit per riempire il vuoto laddove i governi non abbiano i fondi o la volontà per attuare le misure necessarie”, spiega Meelie Pemberton, fondatrice di WingWoman Lebanon. “Gli assorbenti riutilizzabili distribuiti dalle ONG rappresentano una soluzione a lungo termine per coloro che non hanno accesso ai prodotti per l’igiene mestruale usa e getta, riducendo lo stress derivato dal non sapere se e quando si riceveranno nuovi prodotti”.

La precarietà mestruale crea, nelle persone che ne soffrono, una condizione di sconforto facilmente evitabile: “Il problema si può in parte risolvere fornendo prodotti d’igiene riutilizzabili a coloro che hanno la possibilità di lavarli”, spiega Lambert, “successivamente occorre operare in sinergia con le ONG e i governi per livellare le discriminazioni verso le persone che non hanno accesso all’acqua, investendo per rendere i prodotti sanitari gratuiti ed accessibili a tutti e tutte”.

Terza età in Germania: ogni risorsa è necessaria

In Germania cresce la povertà tra le persone anziane, specie ora che il costo della vita aumenta a causa della crisi. Una persona su sei sopra i 65 anni rischia di ritrovarsi sotto la soglia di povertà. L’aumento del costo dell’energia e dei prodotti di base lascia presagire un inverno particolarmente difficile. Tafel, una delle maggiori organizzazioni tedesche di volontari impegnati a fornire cibo ai bisognosi, registra un aumento dei pensionati che vi si rivolgono in cerca di aiuto.

Il costo di vitto e alloggio nelle residenze tedesche per anziani, a carico unicamente degli ospiti, è in aumento. Molte persone anziane vivono da sole e devono quindi sostenere autonomamente i costi del riscaldamento. Non si sa se le pensioni verranno adattate per affrontare l’aumento delle bollette da qui alla fine dell’inverno. Molti anziani soffrono di malattie o disabilità, necessitano di un ambiente riscaldato e non possono abbassare i termostati delle proprie abitazioni. La crisi del costo della vita sta generando nuove fasce di povertà.

Il governo ha dichiarato di voler intervenire: 300 euro saranno versati ad ogni pensionato tedesco per far fronte all’aumento dei prezzi dell’energia, e gli stessi pensionati possono ora beneficiare di prestazioni sociali per far fronte all’aumento del costo degli affitti.

Per molte persone anziane, tuttavia, queste misure non saranno sufficienti, né economicamente, né socialmente. Gli anziani in condizione di precarietà sono anche i più soggetti alla solitudine, a causa dell’isolamento dato dalla crisi. Ecco perché la politica deve fare il possibile per assicurarsi che le persone anziane non rimangano isolate. Piccole e abbordabili misure come l’installazione di panchine possono fare la differenza, incoraggiando la comunicazione e contrastando l’isolamento. La città di Amburgo ha scelto di rendere e mantenere caldi e confortevoli i luoghi pubblici, ad esempio le biblioteche, durante l’inverno. Ulteriori spazi destinati alla socializzazione saranno resi disponibili per permettere alle persone di passare del tempo insieme senza sentirsi obbligate a consumare cibo o bevande.

Per contrastare la crisi attuale c’è bisogno di tutte le risorse disponibili, e le amministrazioni locali devono trarre il meglio dalle proprie comunità: le persone anziane hanno competenze da trasmettere, ed altre che possono acquisire dai loro concittadini. Le competenze informatiche sono vitali per contrastare la solitudine e possono essere condivise da membri della società civile: ad Amburgo, gli anziani vengono accompagnati da volontari nell’apprendere ad usare dispositivi quali smartphone e tablet forniti dal comune. In seguito, gli stessi volontari metteranno a disposizione le loro capacità nei luoghi di incontro per anziani.

La pandemia ha messo in evidenza come il lavoro di cura, l’invecchiamento, la solitudine siano questioni fondamentali nelle nostre società, sempre più anziane. Problemi resi ancora più evidenti dalla crisi e dal conseguente aumento del costo della vita.

Giovani in Croazia: le più grandi sfide di una generazione

Negli ultimi anni, in particolare durante la pandemia e, negli ultimi mesi, con l’inflazione in aumento e l’invasione russa dell’Ucraina, il costo della vita è aumentato esponenzialmente in tutto il mondo. La Croazia non fa eccezione: per i giovani è sempre più difficile far fronte all’aumento generale dei costi mentre tutto, dagli affitti ai trasporti, dal cibo alle utenze, diventa sempre più proibitivo.

I giovani soffrono da tempo di limitazioni economiche: secondo i dati 2022 del Croatian Bureau of Statistics, il salario netto mensile per le persone impiegate a tempo pieno si attesta, nel 2022, tra i 1000 e i 1200 euro, mentre il salario minimo lordo ammonta a 700 euro. La retribuzione media per gli studenti universitari, sempre nel 2022, è di 3,89 euro all’ora. Durante la pandemia, molti giovani hanno perso il lavoro o hanno dovuto mettere in pausa i propri studi.

Per comprendere meglio le conseguenze dell’elevato costo della vita su giovani e persone con disabilità, ho incontrato Marko Popović, scienziato politico e fondatore del Forum per lo Sviluppo Sostenibile Green Window, e Leonida Kifer, impiegata in un’impresa sociale a Zagreb e attivista per i diritti dei disabili.

Rievocando gli ultimi dieci anni, Popović ha immediatamente constatato a che punto il costo della vita si sia alzato bruscamente: “Nel corso dei miei studi e in sette anni di carriera, ho notato un aumento importante dei costi relativi agli alloggi e al cibo. Appena un decennio fa, l’affitto di un monolocale o di un piccolo appartamento a Zagabria per due o tre persone si aggirava intorno ai 150-200 euro a persona; oggi, il prezzo medio è di 300 euro. Anche il prezzo dei generi alimentari è aumentato almeno del 50 per cento. Il costo dei trasporti è rimasto invariato, ma a causa dell’inflazione potrebbe aumentare da un momento all’altro”.

Per le persone con disabilità, a questi problemi si aggiungono quelli legati ai costi elevati per l’assistenza medica e alle opportunità lavorative più scarse. Basandosi sulla sua esperienza personale, Kifer racconta che “la battaglia più importante è quella per farci accettare dalle nostre comunità, dalle quali non ci sentiamo accolti appieno. I luoghi pubblici non sono sufficientemente adattati ed accessibili ai disabili: ogni volta che prendo il treno o l’autobus, non so mai se qualcuno mi cederà il posto (non posso stare in piedi a lungo) o se verrò attaccata verbalmente a causa del mio deambulatore. Il costo della vita elevato ci rende ancora più difficile integrarci. Per le persone con disabilità, è già molto difficile trovare un lavoro e vivere una vita dignitosa, anche senza l’aumento dei prezzi. Molti di noi si sentono frustrati e soffrono di varie forme di depressione”.

Ciononostante, Popović conta sul fatto che le politiche ecologiche possano attenuare le disuguaglianze: “Mancano, fin da quando la Croazia ottenne l’indipendenza, politiche che affrontino adeguatamente i problemi dei giovani in ambito abitativo. Le politiche ecologiche dovrebbero essere incentrate sulla promozione di alloggi pubblici, seguendo il modello virtuoso di altre città europee. Mi piacerebbe vedere più dormitori per studenti, più appartamenti ad un prezzo abbordabile e migliori collegamenti con le piccole città, in cui gli alloggi hanno costi più sostenibili. Contemporaneamente, urge sviluppare politiche giovanili migliori, volte, in particolare, a contrastare il lavoro precario e ad aiutare i giovani a salire i gradini della scala sociale. Dobbiamo assicurarci che l’affitto non li privi di un terzo del loro salario”, spiega Popović.

Anche secondo Kifer c’è ampio spazio di miglioramento: “Oggi sono le ONG a fornire supporto alle persone con disabilità; sono convinta che ci sia bisogno di un approccio sistemico. Alcune aree della Croazia hanno attuato politiche destinate ad assicurare alloggi, istruzione, impieghi stabili per le persone disabili. La Croazia, così come altri Paesi, deve ridefinire il proprio modo di approcciarsi alle persone con disabilità, in particolare quelle più giovani. Invece di limitarci enfatizzando ciò che non possiamo fare, dovremmo essere incoraggiati ed aiutati in ciò di cui siamo capaci”.

I giovani croati stanno vivendo oggi l’epoca più impegnativa per la loro generazione, ma c’è ancora speranza. Agendo sulle comunità perché attuino politiche mirate, basate su soluzioni sostenibili e a lungo termine che riguardino tutti gli aspetti della vita, la Croazia potrebbe infine emergere da questa crisi in modo positivo ed iniziare una nuova fase all’insegna dell’uguaglianza e dell’inclusività.

Inflazione inarrestabile in Turchia: anche il pane è diventato un lusso

Miro ha 18 anni quando, nell’estate del 2021, si trasferisce a Istanbul da Van, una città nell’Est della Turchia popolata in gran parte da curdi. Per sfuggire alla mancanza di prospettive e alla pressione familiare, il giovane sceglie di abitare con lo zio e di lavorare nel bar di quest’ultimo mentre si prepara per iniziare gli studi in città. In quel momento, 10 lire equivalgono a circa un euro. Per il lavoro di cameriere che svolge sei giorni su sette nel locale dello zio, Miro percepisce inizialmente il salario minimo di 3000 lire, che diventano 4250 nel dicembre dello stesso anno; nel luglio del 2022, il suo stipendio ammonta infine a 5500 lire mensili.

L’aumento dello stipendio di Miro è il risultato della risposta del governo turco alla forte inflazione della lira. Per contenere la svalutazione della moneta, infatti, gli esperti consigliano di aumentare i tassi di interesse; ma il presidente Erdoğan, che considera gli alti tassi di interesse un imbroglio, si batte per mantenerli bassi licenziando, tra le altre cose, quattro dirigenti della banca centrale in meno di tre anni. Il valore della lira continua quindi a scendere, mentre il premier si aspetta che la banca centrale compia miracoli.

A settembre 2022, l’inflazione su base annua in Turchia è quasi dell’80 per cento: un euro equivale a diciotto lire. Le conseguenze dirette sulla popolazione sono l’aumento dei costi del cibo e dell’energia. Ad Istanbul, sempre più mense gratuite aprono le loro porte agli abitanti, anche quelli provenienti dalla classe media. Persino il prezzo del simit, economico pane al sesamo venduto ad ogni angolo delle strade, è raddoppiato dal 2021 ad oggi, passando da 2,5 a 5 lire. “Il simit è diventato quasi un bene di lusso”, afferma Aleyna, che vende il pane al porto di Kadikoy, nel quartiere asiatico di Istanbul. “Sempre più persone vengono a chiedermi di regalargli qualcosa da mangiare. Faccio quello che posso, ma anch’io ho bisogno di arrivare a fine mese, e tutto è diventato caro”.

Oltre alle politiche economiche di Erdoğan, anche l’invasione russa dell’Ucraina ha avuto conseguenze negative sulla Turchia. Ankara, infatti, ha forti legami economici con entrambi i Paesi: le importazioni dalla Russia rappresentano quasi il 70 per cento del fabbisogno turco di grano e combustibili fossili, ma la Turchia collabora anche con l’Ucraina sul piano economico e militare, e ha fornito a Kiev droni da combattimento. Oltre ad avere rapporti con entrambi gli Stati, la Turchia è membro della NATO e in quanto tale partecipa alla mediazione del conflitto. Il Paese dipende economicamente sia dall’Occidente che dalla Russia: in entrambi i casi, le sanzioni peggiorerebbero ulteriormente la situazione economica attuale, già precaria, e potrebbero costare le elezioni di giugno 2023 al Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) di Erdoğan, già in difficoltà nei sondaggi.

Nonostante il partito al governo si sia sentito legittimato per anni a perseguire una politica clientelare islamico-conservatrice e sia riuscito a governare in modo autocratico grazie al supporto popolare ottenuto per i grandi progetti promessi, la popolarità dell’AKP è in calo mentre il costo della vita sale. Finché Erdoğan manterrà la sua poco ortodossa linea economica, per le molte persone come Miro e Aleyna la situazione finanziaria rimarrà immutata.

Traduzione Elena Pioli – Voxeurop

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia