La guerra in Ucraina e la pandemia hanno trasformato il panorama economico europeo. Usando i dati di Eurostat, Cristina Suárez Vega analizza i fattori demografici che influenzano la capacità dell’Europa di affrontarne le ripercussioni.

Una serie di record storici: ecco un modo per descrivere quello che è accaduto all’economia europea nel 2022, anche se non in senso positivo. Nel settembre 2022, l’inflazione nell’Eurozona ha raggiunto il 10,9 per cento, la percentuale più alta dal 1997 a oggi. Ormai, con un euro si può comprare molto meno che in passato. Non c’è nulla di nuovo in questo: qualsiasi prodotto (quasi inevitabilmente) è sempre soggetto a cambiamenti in rialzo del suo prezzo. Quello che invece ha stupito in maniera particolare l’Unione europea è la rapidità con la quale il costo della vita si è impennato, mettendo a repentaglio sia la salute economica dei singoli individui e delle società sia la transizione verso un’energia più pulita.

A esclusione della pandemia, c’è stato un fattore chiave che ha provocato l’aumento repentino dell’inflazione: la guerra in Ucraina. Le sanzioni economiche imposte alla Russia dall’Ue hanno bloccato l’importazione di gas in Europa e questo indirettamente ha fatto lievitare il prezzo del gas sul mercato internazionale in tutto il continente. Di conseguenza, nel mese di agosto 2022 i prezzi dell’energia sono aumentati del 37,5 per cento. Nel 2021, al confronto, in quello stesso mese gli aumenti si erano mantenuti appena a quota 14 per cento. La differenza è ancora maggiore se osserviamo da vicino le situazioni nei diversi Paesi dell’Ue. Secondo Eurostat, la Danimarca ha i più alti prezzi dell’elettricità di tutta l’Ue, seguita da Germania, Irlanda e Belgio, mentre in Bulgaria e Ungheria si registrano i prezzi più economici.

Eurostat ha calcolato l’evoluzione dei prezzi al consumo tra il 2000 e il 2021 per dimostrare che, in media, sono aumentati del 46 per cento. Per i beni essenziali, l’aumento è stato ancora più evidente. Nel 2021 il costo dell’energia è stato del 111 per cento più alto rispetto al 2000. L’istruzione è costata il 95 per cento in più. Le spese di affitto e delle utenze domestiche sono aumentate del 72 per cento. Il Paese colpito più duramente è stato la Romania, con un rialzo complessivo delle spese del 311 per cento.

Osserviamo un preciso punto di svolta: primavera-estate del 2020, quando la pandemia ha iniziato a far sentire il suo impatto sull’economia europea.

Guardando indietro agli ultimi otto anni, i prezzi del settore energetico (di fondamentale importanza per la transizione verde), unitamente al costo degli immobili, sono stati i più instabili. Lo stesso vale per il prezzo dei generi alimentari, anche se in misura minore. Aumentata solo del 2 per cento nel 2018, nel 2022 l’inflazione alimentare ha superato il 14 per cento. Se guardiamo attentamente il grafico qui sopra, ci accorgiamo di un preciso punto di svolta: la primavera-estate del 2020, quando la pandemia ha iniziato a far sentire il suo impatto sull’economia europea.

Naturalmente, la pandemia non ha avuto lo stesso effetto su tutti i Paesi. Tenuto conto delle situazioni socioeconomiche differenti in Europa, non sorprende che le variazioni di prezzo aggregate siano risultate enormemente diverse da un Paese all’altro. Tra il 2021 e il 2022, le spese energetiche – che si sono impennate molto più bruscamente rispetto a quelle di altri settori, aggravate dalla guerra in Ucraina e da eventi climatici estremi – sono salite del 133 per cento in Turchia (anche se l’instabilità economica del Paese ha fatto lievitare i prezzi di oltre il 30 per cento in tutti i settori), del 100 per cento in Estonia e dell’88 per cento nei Paesi Bassi.

Sono le giovani donne a rimetterci di più

Se i prezzi aumenteranno ancora, e le retribuzioni non faranno altrettanto, ne conseguirà un aumento dei livelli di povertà. Ma il rischio di povertà non è lo stesso per tutti i gruppi demografici. Come dimostrano i grafici a pagina 50, nell’Unione europea la povertà è una questione di genere, e le donne ne sono in assoluto più colpite. A esclusione di chi non ha ancora compiuto 18 anni, la percentuale di donne a rischio di povertà – cioè coloro i cui salari scendono sotto la soglia di rischio della povertà, fissata al 60 per cento della media nazionale del reddito – è molto superiore a quella degli uomini. Era così prima della pandemia e continua a esserlo oggi. Per gli uomini di età compresa tra i 25 e i 29 anni, il rischio di povertà è cresciuto di più punti percentuali rispetto alle donne della stessa fascia di età, ma le percentuali reali di rischio povertà restano decisamente più alte nel caso delle donne.

La differenza maggiore tra le percentuali di rischio di povertà per gli uomini e per le donne si vede bene nel gruppo degli over 65. Nel complesso, il rischio di povertà in questa fascia di età è aumentato solo leggermente tra il 2019 e il 2021. Tuttavia, il divario tra le donne (22 per cento) e gli uomini (16 per cento) spicca in maniera evidente. Il divario di retribuzione a seconda del genere, una maggiore quantità di tempo dedicata alle cure e all’accudimento dei familiari e le ricadute di questo sui versamenti per le pensioni sono soltanto alcuni dei fattori cruciali responsabili di questa discrepanza.

La percentuale di donne a rischio di povertà è molto superiore a quella degli uomini.

In termini di età, il rischio di povertà è quanto mai alto tra i giovani. Il gruppo con la percentuale maggiore di persone a rischio di povertà nel 2021 è stato quello di chi apparteneva alla fascia di età 18-29 anni, comprendente nel complesso 33,7 milioni di uomini e donne in tutta l’Ue. Tra i fattori responsabili di ciò vi sono peggiori condizioni di lavoro e salari più bassi rispetto alle generazioni precedenti, le quali riuscirono a dotarsi di cuscinetti finanziari più grandi durante i periodi precedenti caratterizzati da un’economia più solida.

Le fluttuazioni economiche non hanno il medesimo impatto su tutte le fasce di reddito. Quanto minore è il salario di una persona, tanto meno quella persona sarà in grado di affrontare l’inflazione. Questo significa che, in fin dei conti, saranno probabilmente le donne e i giovani – e soprattutto le giovani donne, che appartengono a entrambe queste categorie – a patire l’impatto più grave dell’attuale crisi del costo della vita.

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia