Gli incendi e le alluvioni del 2023 hanno messo la Grecia di fronte alla realtà dell’emergenza climatica. I conservatori al governo però rifiutano di prendersi qualsiasi responsabilità, e preferiscono attaccare gli scienziati. Intanto i giornalisti che si occupano di ambiente finiscono nel mirino sia dei politici che degli interessi privati. Per affrontare la crisi climatica serve un cambio di rotta.

Nella corsa alle due elezioni parlamentari greche di maggio e giugno 2023, i partiti politici si sono preoccupati poco o nulla della questione climatica, tanto che meno dello 0,5 per cento dei discorsi preelettorali di tutti i leader conteneva i termini “ambiente” o “cambiamento climatico”. La mancanza di interesse si è fatta sentire anche nel dibattito televisivo finale tra i leader dei partiti più importanti del paese. 

Questa tendenza sembra in contrasto con le priorità dei cittadini greci: secondo l’ultimo sondaggio di Eurobarometro, il 94 per cento della popolazione ritiene infatti che, “per migliorare la salute pubblica, affrontare il cambiamento climatico e le questioni ambientali dovrebbe essere prioritario”. Un altro sondaggio di Metron Analysis ha rilevato che il 29 per cento della popolazione ritiene che il cambiamento climatico sia il problema principale del pianeta, seguito dalla distruzione dell’ambiente (21 per cento). Questo potrebbe in parte spiegare perché i partiti ambientalisti greci non stiano proprio prosperando: alle elezioni di giugno, i Verdi ecologisti ha ricevuto 21.188 voti, pari allo 0,41 per cento, mentre l’Alleanza Verde e Viola ha ottenuto 15.725 voti, pari allo 0,3 per cento. 
 
Per contro, il partito di estrema destra Niki (“Vittoria”), complottista e scettico sulle questioni climatiche, ha ottenuto il 3,69 per cento dei voti e 10 seggi al Parlamento. Un articolo sul sito del partito sostiene che: “Prendendo di mira [le emissioni di] anidride carbonica, la teoria del cambiamento climatico è diventata il mezzo per mantenere il potere e, così, la ricchezza mondiale”. 

Poco dopo le elezioni di giugno 2023 la Grecia è stata colpita da disastrosi incendi che hanno causato almeno 28 morti e bruciato più di 120mila ettari di terreno, e a settembre la Tessaglia, la regione centrale del paese, è stata colpita da inondazioni devastanti: e così, il cambiamento climatico si è inserito nel dibattito politico e mediatico greco. 

Nella loro copertura dei disastri ambientali, diversi media ellenici hanno citato notizie in lingua inglese. Per esempio Efimerida e Newsbomb, due testate popolari e favorevoli al governo, hanno fatto riferimento a un articolo pubblicato su Deutsche Welle dal titolo “La Grecia è in prima linea nel cambiamento climatico”; Newsbomb ha anche citato il l’articolo della BBC Inondazioni in Grecia: il primo ministro Mitsotakis avverte di una battaglia impari con la natura”; Ekathimerini, la versione anglofona di uno dei principali quotidiani greci, ha citato le dichiarazioni di Mitsotakis alla CNN: “Abbiamo fatto del nostro meglio” per affrontare gli incendi catastrofici. “Temo che questa sarà la realtà che aree come il Mediterraneo dovranno affrontare in futuro”, ha aggiunto Mitsotakis. 

Queste narrazioni hanno contribuito alla depoliticizzazione dei disastri ambientali nel dibattito pubblico greco. 

Ma non si tratta di una tendenza nuova. Nel 2018 Alexis Tsipras, ex primo ministro e leader del partito di sinistra Syriza, aveva già reagito alle inondazioni di Mandra e agli incendi di Mati, nella regione dell’Attica, affermando che la Grecia doveva aggiornare i protocolli di protezione civile perché “il cambiamento climatico comporta che dovremo affrontare eventi meteorologici estremi più frequenti”. L’allora leader dell’opposizione Mitsotakis aveva risposto ironicamente: “Il signor Tsipras ha scoperto oggi che il cambiamento climatico causa eventi meteorologici estremi”. 

Polarizzazione e depoliticizzazione 

Eleni Kapetanaki-Briassoulis, compianta geografa e docente presso l’Università dell’Egeo, nel 2021 ha avvertito che un’accettazione fatalistica degli impatti del cambiamento climatico sposta la responsabilità su cause lontane, mettendo in secondo piano “le decisioni e gli interventi locali (individuali e collettivi) sulle risorse naturali”. 

“La narrazione dominante sul cambiamento climatico, acuendo la portata della questione o piuttosto confondendo il locale/contestuale con il mondiale/remoto, scagiona una parte dei colpevoli ufficiali e no, e ridistribuisce la colpa spalmandola su una popolazione più ampia”, ha scritto Kapetanaki-Briassoulis. 

Il governo si è però spinto oltre, attaccando la comunità scientifica all’indomani dei disastri della scorsa estate. A settembre, quando l’Osservatorio nazionale di Atene (Noa) ha segnalato un aumento del 195 per cento delle aree incendiate (nonostante una riduzione del 52 per cento del numero di incendi boschivi nel 2023 rispetto alla media annuale dal 2002 al 2022), il governo l’ha accusato di essere spinto da motivazioni politiche. La viceministra della migrazione e dell’asilo, Sofia Voultepsi ha parlato di una “propaganda di numeri”, mentre il deputato ed ex ministro Stelios Petsas ha parlato di “giochi politici”. 

All’inizio di dicembre il governo è passato dalle parole ai fatti, annunciando l’intenzione di incorporare il Noa nel ministero della crisi climatica e della protezione civile, ma il personale di ricerca di varie istituzioni si oppone al cambiamento, adducendo preoccupazioni sull’indipendenza dell’Osservatorio. 

A parte le controversie politiche, i disastri ambientali della scorsa estate hanno portato la crisi climatica in primo piano, segnando forse un cambiamento nell’atteggiamento dei media. Secondo un’analisi della rete nazionale per il cambiamento climatico Climpact, effettuata su oltre 2 mila notizie pubblicate online tra il 2009 e il 2020, la copertura dei media greci sulla crisi climatica è stata carente per diversi motivi. 

In primo luogo, i giornalisti non erano interessati a fornire informazioni dettagliate sul cambiamento climatico, quando l’11 per cento dei contenuti analizzati riportava opinioni scettiche sulla questione. In secondo luogo, sebbene le conseguenze del cambiamento climatico siano già tangibili in Grecia e nel resto del mondo, il 28 per cento degli articoli analizzati si riferiva esclusivamente agli impatti ambientali previsti in un momento imprecisato del futuro, e solo il 17 per cento parlava degli effetti nel presente. 

In terzo luogo, gli articoli si concentravano principalmente sui governi nazionali come responsabili di affrontare il cambiamento climatico e i suoi effetti, mentre gli attori locali e internazionali (Ue, cittadini, autorità locali, gruppi ambientalisti e ong) venivano nominati meno di frequente. 

L’analisi ha tuttavia evidenziato anche dei lati positivi: un articolo su due contiene dichiarazioni di esperti, uno su tre contiene dichiarazioni di politici, seguiti da membri della società civile (14,5 per cento), cittadini (12 per cento) e rappresentanti delle imprese (9 per cento). 

Come rilevato dall’indagine, la presenza di scienziati nei mezzi di informazione può migliorare la comprensione del pubblico del legame tra cambiamento climatico, attività umane e disastri naturali. Climpact sottolinea quindi che la retorica dei media online, che spesso riproduce quella offline, deve diventare più esplicativa e trasmettere meglio l’urgenza di un’azione politica. 

La presenza di scienziati nei mezzi di informazione può migliorare la comprensione del pubblico del legame tra cambiamento climatico, attività umane e disastri naturali.

Alexandra Politaki, ambasciatrice del Patto europeo per il clima in Grecia, ha scritto in un recente articolo che in Grecia mancano campagne di informazione e sensibilizzazione su larga scala, progettate a livello centrale e attuate nel tempo da organismi statali. La popolazione è invece esposta a “fotografie di disastri attuali o futuri, […] immagini frammentarie che non offrono altro che impressioni. Quindi, per concetti chiave […] come l’adattamento, la transizione, la neutralità climatica, il Green Deal europeo e il meccanismo per una transizione giusta non vi è un’ampia comprensione”, ha sostenuto Politaki. 

Anche la legge nazionale sul clima, adottata nel maggio 2022 con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra della Grecia del 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di azzerarle entro il 2050, non ha ricevuto la visibilità che meritava. L’approvazione della legge, che diverse ong ambientaliste considerano inadeguata a raggiungere l’obiettivo di 1,5 gradi, ha fatto seguito a un periodo di consultazione pubblica di soli due mesi tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022. 

Questa consultazione pubblica insufficiente “si ripercuote nella legge sul clima, nonché nella mancanza di un approccio globale, di profondità e di visione politica”, afferma Politaki. 

Minacce legali contro i giornalisti 

La netta divisione politica e la scarsa copertura mediatica in Grecia non sono gli unici problemi che attanagliano il dibattito pubblico sul clima: se da una parte cresce l’attenzione per le questioni ambientali, dall’altra aumentano anche le azioni legali contro i giornalisti per salvaguardare gli interessi economici delle aziende coinvolte nella transizione energetica, per esempio. Un tipo di azioni legali intimidatorie, note come Slapp (strategic lawsuit against public participation, ovvero azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica), ha preso di mira i giornalisti. 

Tra gli esempi si possono citare la causa intentata dall’azienda di energia rinnovabile WRE HELLAS contro Tasos Sarantis e il giornale Efsyn per un loro reportage; quella intentata da un alto dirigente di Hellas Gold contro Altherthess e la giornalista Stavroula Poulimeni, che ha raccontato l’inquinamento ambientale legato alle operazioni minerarie dell’azienda nella regione settentrionale della Calcidica; e quella dell’azienda di riciclo materiali Antapodotiki Anakyklosi contro il giornalista Thodoris Chondrogiannos per un articolo pubblicato su Inside Story

Le minacce legali non sono solo contro i giornalisti. I cantieri navali di ONEX hanno preso di mira una ong ambientalista locale sull’isola di Siro; una società di energia eolica ha citato in giudizio 100 residenti dell’isola di Tinos per essersi mobilitati contro l’installazione di turbine eoliche; un’altra società di energia eolica ha intentato una causa ad Andros, sempre nelle Cicladi, dopo che un gruppo ha contestato la costruzione di una strada da parte della società. L’elenco è lungo. 

“Queste Slapp non solo tentano di ostacolare il nostro dovere di fornire informazioni indipendenti da interessi politici ed economici. È anche il diritto di ricevere informazioni a essere sempre più limitato”, spiega Stavroula Poulimeni. Per fortuna la maggior parte delle comunità locali e molte organizzazioni ambientaliste si sono schierate con i giornalisti e le ong contro la nascente industria delle cause legali intimidatorie. 

Eppure il silenzio ha prevalso nella maggior parte dei mezzi di informazione tradizionali del paese: perché si ricordassero del clima e dell’ambiente, ci sono volute città allagate, paesi coperti di fango e 1,7 milioni di ettari incendiati in una sola estate. 

Dal 2016 la Grecia dispone di una strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici (Nsca), basata su uno studio del 2011 della Banca di Grecia, ma oggi il paese deve ancora approvare i 13 piani regionali di adattamento ai cambiamenti climatici (Pespaca) necessari per attuarla. Poco sembra essere cambiato anche dopo l’estate scorsa, viste le poche notizie riportate dai media sulla questione.  

Una maggiore indipendenza dei mezzi di informazione è fondamentale se vogliamo fornire al pubblico informazioni di qualità sugli impatti climatici e sulle azioni da intraprendere, responsabilizzando al contempo la classe politica. È anche urgente “coeducare” scienziati e giornalisti per aiutarli a comunicare meglio le complessità della climatologia e a spiegare in modo più chiaro gli impatti sociali ed economici di questa crisi. 

Questo articolo fa parte di una serie dedicata al discorso sul clima nei mezzi d’informazione europei. Questo progetto è organizzato dalla Green European Foundation in collaborazione con Voxeurop e il Green European Journal, e con il sostegno del Parlamento europeo alla Green European Foundation.