L’impatto della pandemia e l’aumento dell’inflazione stanno esercitando ulteriore pressione su un sistema abitativo già in crisi in molti Paesi d’Europa. Se da un lato una cronica scarsità di alloggi a prezzi accessibili sta aggravando le disuguaglianze sociali, dall’altro anche il non aver fatto dell’edilizia sostenibile una priorità pone delle sfide sul lungo periodo. Le soluzioni messe in campo, come un aumento degli investimenti pubblici nell’edilizia green a prezzi contenuti e il finanziamento di ristrutturazioni a basso tenore di carbonio, potrebbero essere incentivate da una normativa più solida a livello europeo.

Si sta preparando la tempesta perfetta per l’accesso sempre più limitato ad alloggi di buona qualità, sostenibili e a prezzi contenuti. Dopo un trend decennale che ha visto correre i prezzi delle case e degli affitti più dell’inflazione, la quota di reddito famigliare spesa per l’alloggio è cresciuta in media del 5 per cento fra il 2005 e il 2015 e arriva fino a toccare il 31 per cento delle entrate di una famiglia a medio reddito in quasi tutti i Paesi OCSE. La situazione è peggiorata durante la pandemia, con un aumento medio dei prezzi delle case in Europa del 7 per cento. Londra, Amsterdam e Parigi sono fra le città più care, mentre il costo di un appartamento nei Paesi del gruppo di Visegrád – Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia – è aumentato fino a 12 volte il salario medio annuale. 

Più del 60 per cento delle famiglie a basso reddito ne spende oltre il 40 per cento per l’alloggio, e meno della metà della popolazione dei Paesi OCSE si dice soddisfatta della disponibilità di alloggi di buona qualità a prezzi accessibili nella propria città. I mercati immobiliari si stanno rivelando inefficienti, perché in generale non riescono ad assicurare un’offerta sufficiente nelle aree urbane dove il lavoro è più abbondante ma le differenze in termini di accessibilità sono più grandi. Gli investimenti pubblici per lo sviluppo edilizio nei Paesi OCSE sono passati in media dallo 0,17 per cento del Pil nel 2001 allo 0,06 per cento nel 2018.

Il calo degli investimenti pubblici è il risultato di un diffuso cambiamento di politiche: si costruiscono meno case popolari e si danno più sussidi per gli affittuari a basso reddito, secondo Boris Cournède, vicecapo della divisione di politica economica dell’OCSE. Questo cambiamento si è verificato fra il 2000 e il 2010, anche se “dal 2010 sono diminuiti anche i sussidi per l’alloggio”, spiega. Sebbene nei pacchetti di aiuti post-pandemia l’edilizia popolare sia indicata come una priorità per diversi Stati membri, tra cui Grecia, Irlanda e Lussemburgo, rimane un significativo buco di 10 miliardi di euro all’anno per raggiungere l’obiettivo della ristrutturazione a basso tenore di carbonio del parco di case a prezzi accessibili entro il 2050.

Un’edilizia più verde può fare la differenza

Oltre alla fornitura di alloggi, la decarbonizzazione è essenziale per un’efficace azione di salvaguardia del clima. A livello globale, l’edilizia residenziale è responsabile del 17 per cento delle emissioni energetiche e di processo di gas serra e del 37 per cento delle emissioni di polveri sottili. La decarbonizzazione del parco edilizio ha il potenziale per determinare un impatto decisivo. L’importante think tank sulla sostenibilità degli edifici, Buildings Performance Institute Europe (BPIE), stima che politiche “blande” potrebbero ridurre le emissioni del 42 per cento entro il 2030 e che politiche più ambiziose, che promuovessero un rinnovamento profondo del parco edilizio sommato agli obiettivi per le energie rinnovabili, le ridurrebbero del 60 per cento. 

L’OCSE ha raccomandato una serie di azioni che la politica può prendere per affrontare queste sfide trasversali e rendere le case più verdi e più accessibili. Primo, investire nell’edilizia popolare verde e secondo, sovvenzionare l’ammodernamento del parco edilizio esistente. Aumentare gli investimenti nell’edilizia popolare a prezzi accessibili ha due vantaggi: proteggere le famiglie vulnerabili o a basso reddito e ampliare l’offerta di case, alleggerendo di conseguenza la pressione verso l’alto dei prezzi delle case. Oliver Rapf, direttore esecutivo di BPIE, sostiene che “non dovrebbe esserci una distinzione fra l’edilizia popolare grigia o verde. Tutti i fondi pubblici dovrebbero sostenere la transizione verde della società, e una grossa quota dovrebbe essere dedicata alle fasce vulnerabili della popolazione”. Riguardo l’investimento pubblico nell’ammodernamento, Rapf sottolinea il potenziale per un più ampio stimolo economico: “Il giusto mix di piani di sostegno finanziario, ben progettati per gruppi specifici, può favorire investimenti privati con un fattore da 5 a 10 per ogni euro speso di fondi pubblici”.

La crisi del costo della vita, così come la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili aggravate dalla guerra in Ucraina, sono un’ulteriore spinta per i governi nazionali a investire nell’edilizia sostenibile e a prezzi contenuti e a definire un quadro adeguato per gli investimenti del settore privato. “L’alto prezzo dell’energia, pesando sul potere d’acquisto, aumenta anche il ritorno sugli investimenti per il risparmio energetico. È molto importante affrontare la questione del finanziamento di questi investimenti, a partire dalle famiglie a basso reddito e con poca liquidità”, dice Cournède.

L’ambizione delle politiche europee deve essere condivisa anche dagli Stati membri.

A livello europeo, le azioni principali del Green Deal includono la Strategia Renovation wave (Ondata di ristrutturazioni) che punta a raddoppiare il tasso di ristrutturazione. Pur non essendo vincolante, la Strategia fissa delle priorità (fra cui la decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento e il contrasto alla povertà energetica) e promuove i fondi europei disponibili per le ristrutturazioni. Collegata alla Renovation wave, l’Affordable Housing Initiative (Iniziativa per l’edilizia accessibile) sta creando 100 progetti guida in piccoli quartieri, per far sì che anche chi fornisce alloggi di edilizia popolare possa beneficiare dell’ondata di ristrutturazioni.

Un altro strumento chiave è la Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (EPBD – Energy Performance of Buildings Directive), il perno della legislazione europea sugli edifici, una versione aggiornata della quale è attualmente in discussione al Parlamento europeo. La nuova versione include azioni come gli “standard minimi di prestazione energetica” che regolano il consumo energetico degli edifici. Tali standard si stanno già rivelando efficaci per la decarbonizzazione di diversi settori edilizi nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, richiedendo per esempio al locatari di portare i propri immobili a un livello accettabile di prestazione energetica.

Associazioni come Housing Europe (la Federazione europea di edilizia pubblica, cooperativa e sociale) avvertono tuttavia che questi strumenti vanno usati con cautela per evitare un aggravamento della crisi degli alloggi a prezzi accessibili.

Una normativa più solida può essere un punto di svolta

Parlamentare dei Verdi al Parlamento europeo e relatore dell’aggiornamento della EPBD, Ciarán Cuffe confida che la bozza di legge servirà a definire un solido quadro normativo per l’edilizia sostenibile a prezzi contenuti.

“Vogliamo ampliare gli incentivi agli investimenti nell’edilizia popolare assicurando che gli Stati membri implementino gli standard minimi di prestazione energetica per gli edifici delle classi energetiche più basse e le famiglie a basso reddito”, spiega Cuffe.

Questa ambizione deve essere condivisa anche dagli Stati membri. I governi nazionali dovranno controllare il miglioramento degli standard di prestazione energetica del loro parco edilizio oltre a mettere a disposizione piani di finanziamento mirati per le famiglie vulnerabili e rendere conto delle misure intraprese per decarbonizzare il proprio parco edilizio secondo i programmi di ristrutturazione edilizia nazionali. 

Per Cuffe, il ruolo della finanza nella bozza aggiornata è vitale: “Vogliamo che i resoconti degli Stati membri  (attraverso i programmi di ristrutturazione nazionali) includano le misure che stanno prendendo per attirare investimenti finanziari dal settore privato”. L’uso di denaro pubblico per offrire sussidi, prestiti a tasso zero e crediti di imposta per spingere il mercato delle ristrutturazioni si è rivelato uno stimolo efficace agli investimenti privati, con un rapporto fra investimenti pubblici e privati che va da 1:2 a 1:83 per ogni euro di denaro pubblico speso. L’articolo 15 della EPBD definisce gli incentivi finanziari per le ristrutturazioni e rimanda a canali di finanziamento europei già esistenti come il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, il Fondo sociale per il clima e il Fondo europeo di sviluppo regionale.

Cuffe ritiene che importanti attori della finanza pubblica si stiano preparando a finanziare ristrutturazioni su larga scala: “Il mio ufficio è in contatto sia con la Banca europea per gli investimenti (che verrà presto ribattezzata “Banca del clima”) e la Banca centrale europea per capire la prospettiva delle istituzioni finanziarie, ed è mia convinzione che ci sia l’appoggio per aumentare le ristrutturazioni in tutta Europa una volta definito un solido quadro normativo”.

L’idea che la legislazione abbia un ruolo cruciale è condivisa da Domic D. Keyzer, global sustainability lead della multinazionale olandese della finanza ING. Keyzer e la sua squadra sono responsabili dell’integrazione globale della strategia per la sostenibilità di ING nel retail banking e nelle attività a favore della sostenibilità che ING porta avanti in 25 mercati. “ING lavora attivamente nell’edilizia sostenibile almeno dal 2017”, dice Keyzer. La banca offre mutui green in Olanda e Polonia, nonché prestiti per ristrutturazioni ecologiche in Belgio. In Germania, ING collabora con la KfW, la più grande banca nazionale di investimenti, per offrire una nuova serie di programmi di sussidi focalizzati sul finanziamento di immobili ad alta prestazione energetica.

Chiaramente, per una decarbonizzazione totale del parco edilizio “c’è già un significativo interesse – e un impegno – da parte delle banche, e infatti noi stessi puntiamo ad arrivare a emissioni zero”, dice Keyzer. “Tuttavia, se l’EPBD e gli altri obiettivi del Green Deal non sono sanciti da una legislazione ben definita, che possa incoraggiare i proprietari ad avviare ristrutturazioni sostenibili dei loro immobili, prevediamo che la domanda dei consumatori non porterà il cambiamento richiesto nel giro di pochi anni. La normativa può giocare un ruolo chiave per muovere la domanda, e questo sarebbe un punto di svolta”. 

La diffusa mancanza di case, l’aumento del costo della vita e la necessità politica di limitare la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili vanno a sostegno di un intervento pubblico radicale nel mercato immobiliare.

Le iniziative locali e nazionali stanno tracciando la strada

In tutta Europa sono già operativi programmi molto validi che promuovono l’edilizia sostenibile a prezzi contenuti a livello locale e regionale. In Irlanda, il programma Better Energy, Warmer Homes (Energia migliore, Case più calde) ha fornito efficientamenti energetici gratis a famiglie che ricevono un sussidio dal 2000. In Olanda, il Renovatieversneller (Acceleratore di ristrutturazioni) ha un budget di 100 milioni di euro per il triennio 2020-2023 e garantisce finanziamenti e supporto tecnico a chi fornisce alloggi popolari. In Danimarca, un fondo istituito nel 1966 finanzia ristrutturazioni e nuove costruzioni di edilizia popolare a basso costo. Tali iniziative sono in parte dovute al fatto che in questi Paesi c’è da molti anni la tendenza da parte dei governi nazionali a delegare di più a livello locale le questioni edilizie, insieme alla crescente ambizione degli amministratori locali di avere case sostenibili a prezzi contenuti, soprattutto in quelle città dove la penuria di alloggi è più grave. 

Il rapporto dell’OCSE Brick by brick (Mattone dopo mattone) osserva che “negli ultimi trent’anni, molti governi nazionali hanno fatto delle riforme per permettere ai governi locali di assumere un ruolo più importante nello sviluppo, nel coordinamento e nell’attuazione di politiche edilizie, comprese quelle che si concentravano sugli alloggi popolari e sul problema dell’accessibilità dei prezzi delle case”. I governi subnazionali giocano un ruolo cruciale nella fornitura di alloggi popolari, oltre ad avere la responsabilità di buona parte delle spese per l’edilizia. Ma con la generale contrazione degli investimenti pubblici nell’edilizia, i governi locali potrebbero non essere in grado di accedere a una somma adeguata di finanziamenti da parte del governo centrale per riuscire a rispondere alla domanda locale di alloggi. Secondo il recente rapporto dell’OCSE Decarbonising Buildings in Cities and Regions (Decarbonizzare gli edifici in città e regioni), queste amministrazioni si pongono spesso obiettivi più ambiziosi del governo nazionale in fatto di edilizia sostenibile. Il rapporto evidenzia che “l’88 per cento delle città e delle regioni interpellate richiedono standard di efficienza più alti rispetto alle normative energetiche nazionali, e il 25 per cento pretende addirittura emissioni zero”. Tuttavia, la differenza di capacità rimane e la mancanza di fondi viene indicata come la sfida principale.

È chiaro che c’è bisogno di un’azione più snella e coerente fra i governi nazionali e subnazionali, come anche all’interno dei governi nazionali, dato che in quasi tutti i Paesi la politica edilizia riguarda più ministeri. In Europa, il settore dell’edilizia accessibile va dal 4 per cento del parco edilizio nazionale in Ungheria al 35 per cento in Olanda, con il settore dell’edilizia pubblica, cooperativa e popolare che costituisce l’11 per cento in media del totale del parco edilizio europeo, facendone un attore chiave nel trainare la domanda di abitazioni sostenibili.

Su questo sfondo eterogeneo “vediamo che vengono richieste soluzioni collettive per creare il cambiamento”, dice Keyzer. “Ecco perché vogliamo collaborare e innovare con altri attori del mercato immobiliare”. Come prima banca di grandi associazioni del settore immobiliare in Olanda (dove possiede 1,2 milioni di case), ING offre consulenza e 50 milioni di euro di finanziamenti a basso costo per le ristrutturazioni attraverso il Warmetefonds (Fondo nazionale per il riscaldamento).

Dalla crisi al cambiamento duraturo

La guerra in Ucraina imprime un’accelerazione all’agenda della decarbonizzazione, per via della necessità politica di ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili dalla Russia. Quanto al significato che ciò può avere sulla priorità dell’edilizia a basso tenore di carbonio, Rapf si dimostra cauto: “Noto di sicuro una maggiore attenzione da parte della politica verso la decarbonizzazione degli edifici, ma vedo anche uno squilibrio a favore di certe tecnologie. Quello che manca è un approccio a 360 gradi che ridurrebbe gli sprechi energetici dei nostri edifici cosicché la minor domanda di energia potrebbe essere soddisfatta esclusivamente da fonti rinnovabili. La politica sembra non comprendere che risparmio energetico e crescita delle rinnovabili devono andare di pari passo”.

Dalla sua prospettiva politica, Cuffe è inequivocabile: “ Tutti i soldi che spendiamo in combustibili fossili aiutano Putin a finanziare la sua guerra assassina. È l’occasione buona, sia dal punto di vista ambientale che morale, per spostarci verso un’economia basata sulle fonti rinnovabili. Aumentare la domanda di combustibili fossili non è la risposta a una crisi aggravata dalla nostra eccessiva dipendenza da questo tipo di fonti energetiche. La cosa migliore da fare per isolare Putin è isolare termicamente le nostre case”.

Ogni crisi ha in sé un’opportunità. La diffusa mancanza di case, l’aumento del costo della vita e la necessità politica di limitare la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili vanno a sostegno di un intervento pubblico radicale nel mercato immobiliare. Descritto giustamente da Housing Europe come “l’anima del Green Deal”, la fornitura di abitazioni sostenibili a prezzi contenuti è una componente centrale di una vera transizione verso un’Europa a basso tenore di carbonio.