In Francia, come ovunque in Europa, il grosso dell’elettorato dei Verdi risiede spesso in grandi città come Lione, Grenoble e Strasburgo, al punto che i Verdi sono spesso presentati dai loro avversari come “radical chic di città”, lontani dalle preoccupazioni di chi vive nelle aree rurali. Ma anche gli abitanti delle campagne devono fare direttamente i conti con i cambiamenti climatici, e una nuova generazione di eletti sta cercando di portare l’ecologia politica nelle aree rurali. Marie Pochon è stata da poco eletta deputata per la terza circoscrizione del dipartimento della Drôme (Sudest della Francia). Il suo percorso e il suo attivismo mostrano le difficoltà con cui deve fare i conti il movimento verde nelle campagne.

Benjamin Joyeux: Com’è diventata parlamentare per la terza circoscrizione della Drôme, un’area rurale che è per certi versi un territorio inesplorato per l’ecologia politica?

Marie Pochon: Sono figlia di una famiglia di agricoltori e sono cresciuta nella Drôme. Me ne sono andata quando avevo 18 anni per studiare a Lione. All’epoca stavo davvero cercando la mia dimensione. Ho fatto un tirocinio nei Territori Palestinesi, dove ho lavorato con l’associazione Friends of the Earth Middle East per un progetto nella valle del Giordano. È stato lì che è avvenuto il mio risveglio politico. Un’esperienza profondamente formativa, in una regione in cui si accumulavano disuguaglianze di ogni tipo in termini di diritti civili, sociali e ambientali. In seguito sono diventata molto attiva politicamente: con Eau Bien Commun a Parigi, con Alternatiba e, dal 2017, con Notre Affaire à Tous, di cui sono stata segretaria generale. A Notre Affaire à Tous abbiamo lanciato iniziative quali Affaire du siècle, e la prima causa giudiziaria sul dovere di vigilanza in materia climatica contro il grupopo petrolifero Total. Ho preso parte anche a collettivi quali Rendez les Doléances durante il Grande dibattito nazionale [la consultazione pubblica lanciata in risposta alla crisi dei Gilet gialli nel 2019, NdT] in Francia.

Oltre a questi impegni come attivista, sono entrata nei Giovani Verdi europei nel 2012. All’epoca vivevo a Istanbul, dove sono rimasta fino al 2016. Ma sono dovuta rientrare in Francia dopo il tentato colpo di stato. Dopo due anni passati a organizzare marce per il clima a livello nazionale, e a impegnarmi per Notre Affaire à Tous, ho cominciato a lavorare per la deputata europea Marie Toussaint al parlamento europeo alla fine del 2019. Nell’ottobre del 2020 alcuni amici della regione Alvernia-Rodano-Alpi mi hanno chiesto di essere la direttrice della campagna di Fabienne Grébert per le elezioni regionali. Così sono entrata nel mondo della politica.

La mia candidatura alle elezioni legislative non era affatto scontata. Mi sentivo fuori luogo, non essendomi mai presentata ad altre elezioni prima. Molte persone mi hanno incoraggiato e, dopo alterne vicende e con il sostegno nazionale della Nupes [l’alleanza tra Verdi e sinistra che riunisce i Verdi francesi, la sinistra radicale del partito France insoumise, il Partito socialista francese e altri gruppi di sinistra], sono stata scelta come candidata per la Drôme, il luogo in cui sono cresciuta. Abbiamo condotto una campagna elettorale molto breve ma stimolante, e abbiamo vinto.

In precedenza il suo attivismo si era concentrato soprattutto sull’Europa e sull’estero. Cosa l’ha spinta quindi a radicarsi a livello locale?

Dovremo iniziare ad adattarci immediatamente ad alcune delle conseguenze dell’attività umana sull’ambiente. Lo abbiamo visto l’estate scorsa per la questione dell’acqua. La capacità di far fronte agli shock – la resilienza – si costruisce soprattutto a livello regionale. Perché le persone si conoscono, e perché creano legami di fiducia e la capacità di organizzarsi collettivamente.

Avendo partecipato per diversi anni alle lotte contro il cambiamento climatico, mi sono chiesta come possiamo agire più vicino a casa nostra e organizzarci a livello locale, non solo per bloccare dei progetti contrari agli imperativi climatici, ma per costruire delle alternative. Queste idee hanno ispirato il pensiero di molte persone negli ultimi anni, soprattutto dopo i lockdown durante la crisi del Covid-19. Mentre ero ancora impegnata con Notre Affaire à Tous, proprio queste idee hanno dato vita a collettivi come Terres de Luttes, che sono di grande ispirazione. Sono felice di fare questo lavoro nella Drôme, perché è il luogo da cui provengo. Durante la campagna elettorale sono stata orgogliosa di sostenere queste idee proprio qui, in una regione in cui le persone pensano e disegnano davvero il mondo di domani, che si tratti d’ecologia, di solidarietà o d’innovazione democratica.

I Verdi vengono regolarmente criticati per essere dei “radical chic di città” scollegati dalla realtà e lontani dalle reali preoccupazioni della gente comune, soprattutto delle zone rurali. È vero?

Dobbiamo accettare che i movimenti di sinistra e ambientalisti, come molti movimenti politici, non sono riusciti ad ascoltare le preoccupazioni di chi vive nelle aree rurali. Se il movimento dei Gilet gialli è emerso in queste zone “dimenticate”, se tanti deputati del Rassemblement National sono stati eletti in queste zone, è perché le nostre istituzioni non sono riuscite a portare soluzioni a un sistema di pianificazione inefficace e a un modello di utilizzo del territorio di stampo neoliberista. Alcune regioni sono utilizzate come riserve per estrarre cibo ed energia o come destinazioni turistiche. Dimentichiamo che ci sono persone che ci vivono.

La capacità di far fronte agli shock – la resilienza – si costruisce soprattutto a livello regionale. Perché le persone si conoscono, e perché creano legami di fiducia e la capacità di organizzarsi collettivamente.

Quindi, sì, l’elettorato verde è principalmente urbano. Anche i nostri dirigenti lo sono. Se consideriamo il numero di dirigenti a livello nazionale e i sindaci delle grandi città che sono saliti alla ribalta nel 2020, ne emerge un quadro poco rappresentativo delle aree rurali o suburbane. Dobbiamo quindi concentrarci maggiormente sulle aree rurali e investire le risorse e le energie necessarie a questo scopo. Non lo abbiamo fatto abbastanza ed è per questo che presenterò una mozione al prossimo congresso del partito Europe écologie les Verts (EELV), affinché si considerino ancora di più le preoccupazioni delle aree rurali: pianificazione territoriale, relazioni industriali, accesso ai servizi pubblici e altro ancora. La geografia delle aree rurali, ad esempio, è fondata sull’idea di accedere ovunque in automobile e di vivere in case unifamiliari, il che ha aumentato enormemente le distanze dei tragitti casa-lavoro, e oggi lascia alcune famiglie senza scelta. I Verdi devono capire che possedere un’auto è essenziale in molte aree. Poiché la maggior parte di noi vive in città, facciamo fatica a portare con chiarezza questo messaggio.

Durante la mia campagna elettorale, sono rimasta assolutamente fedele al mio attivismo climatico, pur non concentrandomi esclusivamente sull’ambiente. Ho parlato molto dei “deserti sanitari” e dell’accesso ai servizi pubblici, che sono le principali preoccupazioni degli abitanti. In una zona rurale come la Drôme, il problema più grande è la sensazione di abbandono e di disprezzo da parte di chi prende le decisioni a Parigi, mentre qui tutto appare più complicato. C’è la sensazione diffusa che né le leggi, né i grandi mezzi d’informazione, né le narrazioni politiche siano pensate per chi vive in realtà rurali, e che nulla rifletta la realtà locale. C’è l’impressione di essere messi da parte dal governo, una percezione che l’estrema destra sfrutta senza vergogna.

I Verdi sono nati federando le organizzazioni di base che negli anni Settanta e Ottanta lottavano in ogni regione contro megaprogetti imposti dall’alto. La critica mossa ai Verdi di essere fuori dal mondo non è forse, più che altro, una questione di comunicazione?

Queste lotte fanno parte della nostra storia. Ma oggi il nostro partito sta cambiando e il suo funzionamento interno tende a favorire le grandi città perché lì è più semplice organizzarsi. Nelle zone rurali ci sono molti attivisti e funzionari eletti, ma a causa delle distanze è molto più difficile incontrarsi, fare campagna insieme e ottenere visibilità senza il sostegno dei mezzi d’informazione nazionali e di personalità pubbliche. Abbiamo vinto anche in alcuni piccoli comuni, ma lì la copertura mediatica è stata minore. Ciò che mi entusiasma è che molte persone, all’interno di EELV, si chiedono come possiamo riconnetterci con le lotte nelle aree rurali.

Durante la mia campagna, mi sono resa conto che l’espressione “vita rurale” [ruralité] non compariva nemmeno una volta nel manifesto comune della Nupes. Si parlava molto di ripristino dei servizi pubblici, di lotta al deserto sanitario, e così via. Ma non ho visto dettagli concreti sulla conservazione dell’allevamento di bestiame, sulla rivitalizzazione dei piccoli centri urbani o sul turismo. Su alcuni temi, come la caccia o la trasformazione agricola delle nostre regioni, abbiamo bisogno di una linea chiara su come vogliamo cambiare le cose. Perché se vogliamo trasformare la società, dobbiamo coinvolgere delle persone nel nostro progetto, e soprattutto quelle interessate.

Per quanto riguarda l’allevamento del bestiame, con l’aumentare della frequenza degli attacchi di lupi nei pascoli della Drôme, ci siamo trovati in una situazione contraddittoria. Voglio ascoltare gli allevatori che soffrono di fronte alla crescente presenza dei lupi, con attacchi quotidiani sempre più gravi. Dobbiamo entrare in contatto con la realtà delle nostre regioni per costruire ponti, non muri. È già molto difficile essere ascoltati quando dici che sei dei Verdi. Vista questa percezione di disconnessione con la realtà e di disprezzo per le persone, dobbiamo lavorare sodo e tendere una mano ovunque per ridare orgoglio a queste aree attraverso l’ecologia e la giustizia.

Non c’è anche un problema di identità? Quando si parla di rispetto e orgoglio per l’appartenenza a una regione, i Verdi non saranno sempre un passo indietro rispetto all’estrema destra, che fa leva sul folklore e sull’orgoglio locale?

Ho appena condotto una campagna elettorale in cui ho espresso il mio orgoglio per il fatto di venire dalla Drôme e di candidarmi nel luogo in cui sono cresciuta, vicina alla mia famiglia. La questione di chi viene dalla Drôme, di chi resta e di chi viene a vivere qui è davvero emblematica della nostra regione, che ha numero crescente di nuovi residenti – anche a causa dei lockdown – e provoca tensioni tra gli abitanti. Anche lo sviluppo turistico e le seconde case pongono problemi non da poco.

È stato fondamentale ricordare alla gente questo orgoglio e questo attaccamento alla terra, perché con esso è nato un progetto politico, un attaccamento a una Drôme che innova, che è entusiasta, e che si mobilita per l’ambiente, per la solidarietà, per l’accoglienza dei migranti. Per rendere i residenti orgogliosi di appartenere a una regione che “spacca” davvero! Perché sì, c’è un sentimento di esclusione e di abbandono che alimenta l’estrema destra, soprattutto tra i più giovani, che potrebbero pensare di valere meno degli altri perché non hanno molte prospettive per il futuro. Dobbiamo combattere questo sentimento restituendo alle persone l’orgoglio di vivere in una regione dotata di servizi pubblici, accesso alle cure sanitarie, e la visibilità di ciò che accade qui. Mostrare ciò che di super positivo c’è nella mia regione è uno dei miei principali obiettivi.

L’orgoglio e la difesa delle comunità locali sono parte integrante dell’identità verde. Le lotte e l’attivismo locale per difendere una foresta, un ecosistema, le zone umide, le terre fertili… Molte persone lo fanno perché sono affezionate alla loro comunità, indipendentemente dal fatto che siano originarie di lì o meno. L’ecologia politica è anche una questione di federalismo, sussidiarietà, regionalismo, rispetto e tutela della lingua e della cultura regionale. Faremmo bene a esprimere forte e chiaro questo orgoglio per le aree locali. Non è affatto una prerogativa dell’estrema destra che, anzi, vive fuori dal mondo. C’è un deputato del Rassemblement National nella circoscrizione vicina alla mia che non vive nemmeno lì e non è presente sul territorio. Anche la loro disconnessione deve essere sottolineata.

Quali sono le priorità dei Verdi in aree rurali come la Drôme?

Dobbiamo lavorare di più sulla pianificazione del territorio, per affrontare davvero la questione della giustizia territoriale in tutte le politiche pubbliche. Oggi tutta la nostra produzione di energia dipende da fonti situate nelle aree rurali da cui dipendono le aree urbane. Anche tutta la nostra produzione alimentare dipende dalla nostra pianificazione nelle aree rurali. Anche il diritto alla mobilità e l’accesso ai servizi pubblici sono necessità urgenti. Non si tratta solo di investire nei treni locali, ma anche di raggiungere aree più remote promuovendo il trasporto su richiesta e il car pooling. Dobbiamo ripensare il modo in cui ci approcciamo alle politiche pubbliche, andando ben oltre il dire semplicemente che abbiamo bisogno di biciclette in città e di treni in campagna.

Sappiamo anche che oggi la maggior parte dei femminicidi avviene nelle aree rurali, dove vive solo il trenta per cento della popolazione. I diritti delle donne in queste zone sono quindi un’altra questione importante. Il nostro partito è molto femminista – me ne compiaccio ogni giorno che passa – e credo che per noi sia possibile anche amplificare queste voci meno ascoltate. Quello che abbiamo da dire non tiene ancora pienamente conto delle difficoltà che le donne affrontano, da sole, qui. Ho affrontato questo tema durante la mia campagna elettorale e ho presentato emendamenti sui rifugi per donne nelle aree rurali.

Poi, naturalmente, ci sono i giovani. Dobbiamo dare voce a tutti quei giovani delle zone rurali che sono meno rappresentati nella difesa del clima. Ci sono molti giovani che scioperano ogni venerdì a Crest o a Nyons, ma sono ignorati dai mezzi d’informazione. Il mio compito è quello di sostenerli affinché la loro voce sia ascoltata.

Come vengono percepite, nelle aree rurali, le proposte verdi sull’agricoltura, come l’agroecologia, la riduzione del consumo di carne e le rilocalizzazioni?

C’è un ampio consenso, almeno nella Drôme, sulla necessità di abbandonare i vecchi modelli di produzione. Questo non significa che ci sia un accordo su tutte le soluzioni, né che tutti siano allineati su un’unica idea di “transizione”, ma abbiamo molte piccole aziende agricole che hanno forti reti locali e sono un buon modello per altri luoghi.

L’orgoglio e la difesa delle comunità locali sono parte integrante dell’identità verde. Le lotte e l’attivismo locale per difendere una foresta, un ecosistema, le zone umide, le terre fertili…

Adottare un modello diverso significa ovviamente smantellare quello vecchio, ma soprattutto promuovere un’alternativa che restituisca orgoglio e dignità a chi la adotta e che permetta autosufficienza collettiva e la resilienza di fronte agli shock che verranno. Questo sforzo implica fornire le risorse necessarie per la transizione delle aziende agricole e ripristinare il rispetto per questa vocazione sottopagata, sottovalutata eppure essenziale. È una sfida urgente: un agricoltore su due andrà in pensione nei prossimi dieci anni. Opporsi agli accordi di libero scambio che danneggiano ambiente e lavoratori, sviluppare filiere alimentari corte, pagare meglio i nostri agricoltori, valorizzarli rispetto all’industria agroalimentare e ai distributori, lottare contro l’accaparramento e la perdita dei terreni: sono queste le nostre battaglie, e stanno ottenendo risultati concreti.

Per concludere, come vede il suo ruolo nella politica verde delle aree rurali?

Nel mio lavoro parlamentare cerco in genere di pensare a ogni questione attraverso il prisma del mondo rurale. Ma la Quinta repubblica francese non è strutturata in modo da consentire una costruzione e una deliberazione collettiva con i cittadini per avvicinarli al processo legislativo. Per questo ho cominciato a organizzare delle sedi itineranti di partito, perché la mia circoscrizione elettorale è una delle più grandi di Francia. Organizziamo degli incontri mattutini coi cittadini, in cui invitiamo tutti a partecipare e a discutere di questioni d’attualità.

La mia priorità è essere molto presente sul territorio, nei piccoli villaggi e nelle piazze del mercato, perché molte persone non varcheranno mai la porta di una sede di partito. È molto emozionante andare a incontrare le persone nelle comunità locali. Alcune giovani donne vengono spesso a trovarmi per esprimere il loro desiderio di agire e cambiare le cose. Io le sostengo come posso.