Con una affermazione senza precedenti, Fratelli d’Italia (FdI) è risultato il grande vincitore delle ultime elezioni politiche italiane. Com’è riuscito il partito di Giorgia Meloni a vincere nonostante il suo scarno programma e l’estremismo di certe proposte? Il ricercatore Thomas Simon Mattia sostiene che nel contesto della guerra e della crisi energetica gli elettori si sono lasciati influenzare dalla promessa di maggior sicurezza, più che dall’ideologia.

La fine dello stato di emergenza in Italia ha portato anche alla chiusura del 67°governo della Repubblica, nominato dal Presidente Sergio Mattarella per assicurare l’unità nazionale subito dopo la pandemia. Era il governo tecnico guidato dall’ex Presidente della Banca centrale Europea, Mario Draghi, nominato Presidente del Consiglio per guidare l’Italia attraverso la crisi post-pandemia. Nel febbraio 2021 i partiti avevano messo da parte le proprie ideologie a favore della ripresa nazionale e avevano votato la fiducia, seppur di misura, al governo. Tolte le restrizioni anti-Covid nel luglio 2022, gli anti-establishment del Movimento 5 stelle (M5S), seguiti dai populisti di destra della Lega e dai liberal-conservatori di Forza Italia (FI), hanno tolto l’appoggio al governo, costringendo il Paese ad aprire la sua diciannovesima legislatura.

Tutti i principali commentatori l’avevano previsto, e infatti alle elezioni del 25 settembre gli elettori hanno fatto trionfare Fratelli d’Italia, partito di estrema destra con origini post-fasciste. FdI era stata la più dura, e di fatto l’unica, forza di opposizione al governo Draghi, e si è presentato alle elezioni in una coalizione di centro-destra insieme a Lega e FI, con cui ha condiviso un programma comune. Ciò nonostante solo FdI ha riportato un effettivo successo. Con il 24 per cento delle preferenze, è avanzato di sei punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni politiche del 2018. Tutti gli altri partiti hanno perso voti, alcuni li hanno addirittura dimezzati. Questo risultato ha segnato un punto di svolta importante nella politica italiana: il Paese ha ora il governo più a destra dai tempi di Mussolini.

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Problemi nella maggioranza

Durante la fase di formazione del governo, la coalizione di centro-destra ha mostrato alcuni conflitti interni. Lega e FI hanno preteso più della metà dei ministeri (pur avendo ciascuno un terzo dei voti di FdI) e sono stati accusati dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di volerla ricattare. I problemi sono aumentati quando sono trapelati alcuni commenti privati di Silvio Berlusconi su scambi di doni e “lettere dolcissime” con Vladimir Putin. Giorgia Meloni ha allora dichiarato che il governo era a rischio, se doveva comprendere chi definiva l’invasione russa un’ “operazione per sostituire Zelensky con un governo di persone perbene”.

La sinistra si è resa sostituibile dalla destra misconoscendo i propri valori e pensando solo a screditare gli avversari.

Gli evidenti contrasti all’interno della coalizione di centro-destra hanno portato molti a chiedersi come abbia fatto la sinistra a ottenere un risultato così deludente. Nel complesso, la destra si era presentata unita alle elezioni e ne era uscita divisa a livello di risultati e opinioni. La differenza di voti ottenuti viene perlopiù attribuita all’efficacia della campagna elettorale di Giorgia Meloni e alla reputazione positiva che si è guadagnata FdI come unico partito di destra a non essere mai entrato in coalizione con rivali politici. Tuttavia, questa prospettiva non spiega per esempio come abbia fatto FdI a conquistare anche i voti di ex-elettori di sinistra.

Cosa ha fatto la differenza

Il fatto che FdI abbia doppiato gli altri partiti della coalizione è indice di un vantaggio che si può spiegare solo con una diversa percezione dei partiti e delle loro priorità. In un sondaggio del Centro italiano studi elettorali (CISE), gli intervistati – elettori ed elettrici di diversi partiti – hanno evidenziato priorità differenti. L’analisi mostra che gli elettori della coalizione di destra attribuiscono importanza allo stesso modo a temi quali l’abolizione del reddito di cittadinanza, un sussidio di disoccupazione condizionato introdotto dal M5S nel 2019. A fare la differenza fra FdI e gli altri partiti della coalizione sono quindi stati quattro temi in particolare: la costruzione di nuovi rigassificatori, la riforma della Costituzione in senso presidenziale, la limitazione del potere della magistratura, l’abolizione del bonus 110% per i lavori di ammodernamento energetico delle case (per i problemi connessi di truffe e fatture false). Gli altri partiti della coalizione hanno puntato di più invece sui classici temi della destra, come l’opposizione all’eutanasia, la limitazione del diritto all’aborto, la pace fiscale e la riduzione dell’accesso al welfare per gli immigrati.

La scelta di concentrarsi su temi come il rafforzamento dei poteri del governo, l’aumento della sicurezza energetica e il taglio della spesa pubblica – anche a danno dell’ambiente – anziché su  tasse e immigrazione, è perfettamente in linea con le priorità degli italiani nell’estate del 2022. Dati dell’Eurobarometro (Standard Eurobarometer 97) riportano che molti elettori hanno ritenuto l’approvvigionamento energetico e la situazione economica più importanti delle azioni per la salvaguardia del clima (12 contro 16 per cento) o dell’immigrazione e delle tasse (18 contro 25).

Dove ha fallito la sinistra

La coalizione di centro-sinistra – comprendente il Partito democratico (PD), gli europeisti di +Europa (+E) e i Verdi insieme a Sinistra italiana (Verdi/SI) – era divisa non tanto in termini di priorità, quanto di popolarità e credibilità. Il partito più importante, il PD, ha cercato di distinguersi dalla destra criticandola sui temi meno decisivi, anziché proporre delle alternative ai punti forti degli avversari. Un sondaggio del CISE ha rivelato infatti che il PD è risultato più credibile su temi come la cittadinanza per i figli degli immigrati o la tassazione progressiva. Il PD era anche il secondo partito meno polarizzato fra quelli entrati in Parlamento, con un 36 per cento di priorità in meno rispetto a FdI su questioni altamente divisive. Quanto ai classici cavalli di battaglia della sinistra, come il salario minimo, la tassa sui patrimoni, la legalizzazione delle droghe leggere e l’ambientalismo, per gli italiani il PD è risultato meno credibile di altri partiti della stessa coalizione e, in certi casi, addirittura meno del M5S, che formalmente non è neppure un partito di sinistra. Il tutto aggravato dal fatto che i sostenitori di +E e Verdi/SI – molto credibili sul piano del posizionamento – sono stati scoraggiati a votare questi partiti dall’attuale legge elettorale italiana, che avrebbe comunque garantito più seggi al Partito Democratico. Ma l’apatia degli elettori spiega in parte l’affluenza più bassa dalla Seconda guerra mondiale. Nel complesso, la sinistra si è resa sostituibile dalla destra misconoscendo i propri valori e pensando solo a screditare gli avversari.

Con poche alternative a sinistra, gli italiani non hanno votato per un partito fascista, ma per la promessa di sicurezza.

Un problema storico

Le divisioni nella maggioranza non sono però una novità nella politica italiana. Con una media di 67 giorni per formare un governo dopo ogni consultazione elettorale e governi diversi quasi ogni anno, l’Italia è famosa per la sua instabilità politica. Un modello politico di stile anglosassone è la risposta al problema per Giorgia Meloni, che se fosse stata inglese, dice, sarebbe stata una Tory. La sua proposta di traghettare l’Italia verso il presidenzialismo e la sua ammirazione per i sistemi bipartisan hanno indotto molti a paragonarla a Margaret Thatcher, soprattutto se si considerano anche le sue critiche all’interventismo economico di Marine Le Pen, il suo atlantismo e le sue posizioni liberali su vari temi.

Il liberalismo classico concepisce uno Stato che serve solo a proteggere le libertà individuali e legittima la disobbedienza civile nel caso in cui il sovrano oltrepassi i confini dei suoi poteri. La Seconda guerra mondiale ha insegnato all’Europa i limiti di questa ideologia dopo che Hitler e Mussolini hanno trovato il modo di arrivare alla dittatura passando per la democrazia. Dopo la guerra, Paesi come l’Italia e la Germania sono diventati i primi esempi di liberalismo sociale – noto anche come liberalismo di sinistra in Germania e semplicemente liberalismo negli Stati Uniti – che immagina uno Stato interventista che può limitare le libertà individuali se queste danneggiano la società nel suo insieme, assicura la separazione dei poteri e l’indipendenza dei mezzi di informazione, e mantiene una distribuzione equa del potere economico.

Con la famosa frase “Chi è la società? Non c’è niente del genere”, Margaret Thatcher smantellò lo stato sociale inglese per fare largo a una nazione più forte che riflettesse la sua ideologia. Il liberalismo thatcheriano, che vede la difesa come priorità superiore alla spesa sociale, diventò popolare al culmine della Guerra fredda. Non c’è da stupirsi che questa politica stia tornando in auge ora che imperversa la guerra in Ucraina. Con le nuove tensioni che agitano l’Europa, Meloni è decisa a rendere più forte l’Italia seguendo l’esempio dei Repubblicani statunitensi e dei Tories di quarant’anni fa, abbracciando l’agenda neoliberale e rafforzando le libertà individuali a scapito dello stato sociale. Al contempo, il centro-sinistra italiano non ha il coraggio di mettere i principi cardine del liberalismo sociale, soprattutto per quanto riguarda l’intervento dello Stato nell’economia, al centro del proprio programma. Si sono preoccupati solo di associare Meloni a Viktor Orbán, anche se era chiaro che Bruxelles non avrebbe mai tollerato un governo sovranista e che l’Italia non avrebbe potuto fare a meno del sostegno dell’Europa. Non hanno fatto che puntare il dito contro le origini post-fasciste di FdI, anziché ricordare ai propri elettori l’importanza dei valori e gli elementi che hanno reso l’Italia una democrazia socio-liberale.

Cambio di prospettiva

L’aumento dei prezzi è la prima preoccupazione dei cittadini europei, che lo attribuiscono soprattutto alla guerra in Ucraina. C’è da aspettarsi che le preoccupazioni ecologiche perderanno importanza e la priorità sarà avere uno Stato forte in grado di far fronte alla crisi. Le nazioni autocritiche, come l’Italia, tendono a paragonarsi ad altre. La vulnerabilità della Germania, messa a nudo dalla crisi energetica in Europa, ha fatto perdere all’Italia il suo storico punto di riferimento. Gli italiani adesso guardano altrove – al sistema presidenzialista francese e al neoliberalismo olandese – per un nuovo modello politico ed economico.

Con poche alternative a sinistra, gli italiani non hanno votato per un partito fascista, ma per la promessa di sicurezza – un obiettivo oggi più urgente dell’uguaglianza sociale. Tuttavia, con la guerra in Ucraina e il crescente scetticismo verso la capacità del mercato di generare benessere da solo, i partiti progressisti hanno l’occasione di perorare la causa dell’intervento dello Stato in economia e del liberalismo sociale. Per partiti piccoli con grandi ambizioni, come Verdi/SI, questo progetto, insieme alla riforma elettorale, dovrebbe essere una priorità.

Traduzione Laura Bortoluzzi – Voxeurop