David Graeber (1961-2020) è stato un antropologo americano, un attivista e un intellettuale dei movimenti sociali. Le sue intuizioni sull’immaginazione e la pratica della democrazia hanno ispirato tanti, non solo a vedere il mondo in maniera diversa, ma anche a cercare di cambiarlo.

Per quasi ogni momento politico importante, in Europa occidentale e nel Nord America negli ultimi 20 anni, c’è stato un articolo o un libro di David Graeber che si può dire che abbia contribuito a definirlo.

Scritti nei primi anni 2000, i saggi di Graeber sui movimenti di alter-globalizzazione si sono diffusi in maniera così ampia nei circoli di attivisti che sono stati trasformati in edizioni clandestine e tradotti in diverse lingue. Questo ben prima che Graeber stesso fosse in grado di stamparli come un libro.

“Debito. I primi 5000 anni” (Debt: The First 5,000 Years), pubblicato nel 2011 mentre Graeber era attivo nel movimento Occupy, è diventato una pietra miliare per chiunque sia interessato a conoscere l’economia. E praticamente chiunque ha sentito parlare di “Bullshit jobs” senza necessariamente essere in grado di nominare Graeber come l’autore del saggio che, nel 2013, ne ha coniato il termine.

Come è stato possibile? Quale intuizione ha permesso a Graeber di catturare il momento e articolare ciò che molti sentivano ma avevano paura di pensare, se non addirittura arrivare a dire? In che modo il suo lavoro ha portato i lettori a una nuova comprensione della democrazia e alla possibilità di lavorare insieme per cambiare il mondo?

L’impegno di Graeber nel significato del potere dell’immaginazione è stato il motore del suo lavoro e una delle ragioni per cui ha fatto eco a così tante persone. Il suo senso di meraviglia e l’intima conoscenza del funzionamento dell’immaginazione hanno contribuito a plasmare le sue intuizioni su tanti argomenti diversi, come la natura della democrazia, le origini della civiltà o il significato del valore.

Graeber ha definito due tipi di immaginazione. Il primo era l'”identificazione immaginativa”. Con questa espressione Graeber si riferisce alla capacità di immaginare il punto di vista di un altro, principio che è alla base del fondamento di tutte le relazioni sociali di cura e sostegno. La capacità di mettersi nei panni di un altro essere umano è necessaria per un sistema democratico funzionante: senza questa capacità, non ci sarebbe nessun compromesso e nessun lavoro collettivo verso obiettivi comuni. Un altro termine che usava per descrivere questo concetto era “lavoro interpretativo”.

Il secondo tipo di immaginazione era l'”immaginazione immanente”: la capacità di immaginare, e di realizzare, nuovi modi di essere sociali e politici. Graeber affermava che è questa immaginazione che costituisce la capacità umana di fare politica: decidere collettivamente cosa vogliamo fare delle nostre vite.

Un modo per pensare all’immaginazione immanente è considerare il suo opposto, la “naturalizzazione ideologica”. Questo termine si riferisce all’effetto mortifero della gerarchia e della dominazione, dove la convenzione sociale, per sua natura mutevole, è interpretata (a torto) come l’ordine naturale e immutabile dell’essere. Il darwinismo sociale ne è un classico esempio. I suoi sostenitori assumono che la “sopravvivenza del più forte” sia un ordine universale piuttosto che un’ideologia relativa a un momento storico, che serve a giustificare un sistema politico ed economico in cui gli individui devono competere per sopravvivere.

Graeber era particolarmente interessato al luogo in cui la naturalizzazione ideologica si manifesta nella vita quotidiana: l’alienazione. Facendo eco a Karl Marx, ha suggerito che “se c’è qualcosa di essenzialmente umano, è la capacità di immaginare le cose e portarle in essere […] l’alienazione si verifica quando perdiamo il controllo sul processo”. Lavorare, come molti di noi fanno, “lavori noiosi e meccanici che stordiscono la mente” invariabilmente schiaccia il desiderio di fare le cose in modo diverso. Graeber ha sostenuto che il problema del capitalismo non è solo che è sfruttatore, distruttivo per l’ambiente, o ingiusto – cosa sulla quale è d’accordo – ma che dipende da un’immensa burocrazia, che a sua volta richiede un ordine sociale gerarchico.

È in questo senso, quindi, che Graeber ha sostenuto che ciò che può definire la sinistra, e distinguerla dalla destra, è la sua insistenza che “la creatività e l’immaginazione sono i principi ontologici fondamentali”. Cosa significa? Che possiamo (e dovremmo) produrre creativamente il mondo e rifarlo come vogliamo.

È stata anche questa intuizione a guidare il lavoro antropologico di Graeber. Egli intendeva l’antropologia come una disciplina che studiava la differenza sociale per arrivare al politicamente possibile, ed era particolarmente interessato alle strutture politiche dei gruppi di nativi americani.

Molti popoli indigeni, come i popoli autoctoni delle pianure del Nord America e le tribù amazzoniche, avevano una memoria culturale di società centralizzate e gerarchiche e hanno intenzionalmente costruito strutture democratiche che avrebbero impedito un ritorno a queste forme. In molte occasioni, Graeber ha sottolineato che l’incontro con i popoli democratici ed egualitari del Nuovo Mondo ha incoraggiato l’Illuminismo, decostruendo il mito della democrazia come un’esportazione europea.

Il suo lavoro più recente con l’archeologo David Wengrow guarda indietro alla ricerca storica ed etnografica sui popoli indigeni per mostrare che molte società vacillavano intenzionalmente tra strutture democratiche e non gerarchiche e gerarchiche. Così facendo, Wengrow e Graeber hanno sfatato un altro mito che caratterizzava i popoli premoderni come “nobili selvaggi”, cioè che erano democratici solo perché le loro società non erano abbastanza avanzate o complesse da non esserlo.

Per molte persone, Graeber ha ribaltato il concetto di democrazia. Piuttosto che un processo burocratico che deve essere intrapreso ogni tot di anni anni, la democrazia per Graeber è immaginativa, attiva e intensamente personale. Non c’è un arco di progresso inevitabile verso una maggiore o più profonda democrazia. Per la democrazia bisogna battersi, va attivamente costruita nelle istituzioni, protetta e costantemente rinnovata. La constatazione di come il sistema politico ed economico inibisce l’immaginazione può favorire il desiderio di democrazia.

Sebbene Graeber abbia raramente toccato tematiche ecologiche, ha senza dubbio influenzato il pensiero dell’ecologia politica. Il suo lavoro sulla democrazia diretta ha informato lo spostamento verso il municipalismo, specialmente sulla scia del movimento spagnolo anti-austerità del 2011, il 15-M.

I suoi scritti sui bullshit jobs hanno dato nuova vita al movimento per il reddito di base e alla critica radicale del lavoro, aprendo la strada a proposte come la settimana lavorativa ridotta, ora parte di diverse versioni del Green New Deal. Il suo lavoro sul debito e l’origine del denaro ha stimolato l’interesse per la politica fiscale radicale e la moderna teoria monetaria. La democratizzazione, il ripensamento del lavoro e la trasformazione del sistema monetario sono oggi centrali nelle riflessioin delle piattaforme politiche post-crescita.

David Graeber non è più tra noi, ma le sue intuizioni sul potere dell’immaginazione umana continuano a ispirarci a smantellare e riconfigurare i mattoni con cui costruiamo la realtà. Nei decenni a venire, potremmo scoprire che il suo lavoro ci ha aiutato a immaginare e costruire un mondo migliore. Come ha scritto Graeber: “La verità ultima e nascosta del mondo è che si tratta di qualcosa che facciamo noi, e che potremmo facilmente fare in modo diverso”.

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia.

Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation
Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation

Between the progressive movements fighting for rights and freedoms and the exclusionary politics of the far right, this edition examines the struggle over democracy and representation in Europe today.

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