Colpiti da tanti shock diversi, gli standard di vita delle persone in tutta Europa incontrano sempre più difficoltà. Lontana dall’essere una semplice turbolenza a breve termine, la crisi del costo della vita indica che la sicurezza sociale, geopolitica ed ecologica dell’Europa si basa sul riequilibrio di un modello socioeconomico fallimentare.

In un mondo ancora sconvolto dalla pandemia, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022 ha portato nuove preoccupazioni e sofferenze. Oltre al costo incalcolabile in termini di vite umane, di cui gli ucraini sono le prime vittime, la guerra ha inasprito le crisi globali legate all’energia e ai generi alimentari, anche se entrambe risalgono a prima dell’invasione. Le emergenze continuano ad accavallarsi e perfino l’emergenza climatica ha assunto una nuova minacciosa gravità. Le siccità e le alluvioni in Europa e in molte aree del pianeta rammentano i pericoli del cambiamento del clima. Abbinato a un sistema economico che lascia alla speculazione finanziaria un ruolo smisurato, il confluire di questi eventi ha portato il costo della vita a impennarsi in tutta Europa e nel mondo. Le conseguenze che si sono accumulate hanno precipitato le economie in un’inflazione generalizzata che rischia di trasformarsi in recessione.

Interrompendo trend trentennali, il ritorno dell’inflazione nelle economie europee ha fatto scivolare nella povertà molte persone e ha esercitato forti pressioni sui budget delle famiglie di buona parte della classe media. Spinti in particolare dall’aumento dei prezzi dell’energia e di conseguenza anche di quelli dei mezzi di trasporto, gli effetti distributivi dell’aumento del costo della vita stanno riaccendendo conflitti, esemplificati al meglio negli ultimi anni dal movimento dei Gilet gialli in Francia. Saranno i più poveri a doversi sobbarcare l’onere della transizione energetica in Europa? Queste tensioni diventano ancora più acute se si tiene conto che negli ultimi anni la vita è diventata sempre più incerta, con gli affitti alle stelle nelle principali città e le enormi difficoltà che molte persone, soprattutto le più giovani, hanno vissuto durante la pandemia.

Più che essere un semplice fenomeno monetario, l’aumento dei prezzi contribuisce a un’incertezza generalizzata sulle prospettive future della gente. Lo Sri Lanka ha suonato per primo il campanello d’allarme: a luglio alcuni manifestanti, in rivolta per il prezzo insostenibile dei carburanti, hanno fatto irruzione nel palazzo presidenziale. L’immagine di un manifestante con il volto mascherato e una pagnotta in mano, in piedi tra le fiamme accese fuori da un edificio governativo, è stata rappresentativa dello stato d’animo generale. Anche se i Paesi europei sono ricchi a sufficienza da riuscire a proteggere le loro società dall’impatto potenzialmente devastante di questi shock – che ha colpito molti Paesi nel resto del mondo –, molte persone non potranno comunque soddisfare i loro bisogni primari. In tale contesto, la sensazione di diventare più poveri può rivelarsi politicamente nociva. Nel settembre 2022, alle elezioni in Italia e in Svezia, hanno vinto i partiti di estrema destra, che hanno intercettato la diffusa insoddisfazione della popolazione promettendo frontiere più chiuse, sicurezza energetica e pugno di ferro.

Spiegare la situazione economica comporta conseguenze politiche. Concentrarsi sull’inflazione porta alla strada che le banche centrali stanno già imboccando: aumentare i tassi di interesse e sacrificare quindi i posti di lavoro di alcuni per salvare il potere d’acquisto della maggioranza. D’altra parte, un discorso politico basato sul “costo della vita” politicizza l’inflazione, mostrando come i prezzi in aumento compromettano l’accesso a beni essenziali come il cibo, i trasporti, la casa e l’elettricità. Nondimeno, l’idea stessa del “costo della vita” implica concedere che l’accesso a questi diritti fondamentali è la responsabilità di individui e nuclei familiari.

L’agenda sociale a livello europeo ha acquistato nuovo slancio, ma il suo successo dipende dal sostegno nazionale.

A chi si rivolgono le persone in tali circostanze? La classica risposta conservatrice è stringere la cinghia fino a quando la situazione economica non migliora, mentre per la sinistra tradizionale il tenore di vita in calo è risolvibile soltanto con pacchetti retributivi e redistribuzione. Agli estremi, le forze intransigenti di destra e le forze populiste sono sempre lì a offrire risposte ovvie a chiunque sia disposto ad ascoltarle (aiutare l’Ucraina è troppo dispendioso; accusiamo i migranti).

La politica dei Verdi ha sempre cercato di essere radicale (in senso letterale), sforzandosi di capire, affrontare e risolvere i problemi alla radice. L’estate scorsa il presidente francese Emmanuel Macron ha proclamato “la fine dell’abbondanza”, vedendo nel confluire delle crisi il segnale di imminenti ristrettezze. Per alcuni ecologisti, la sua analisi è corretta. In realtà, non è possibile spiegare l’attuale sconvolgimento economico senza tenere conto della scarsità di risorse , dell’imprevedibilità del clima e di flussi globali discontinui. In sintesi, senza tenere conto dei limiti del pianeta. Ciò che tale diagnosi non riesce a offrire, però, è la visione emancipatrice rimasta da sempre al centro della politica dei Verdi, per i quali il raggiungimento della giustizia sociale e della sostenibilità ecologica si basa sulla definizione di nuovi criteri di benessere e prosperità.

Nel pieno della crisi del costo della vita, i Verdi non dovrebbero offrire un messaggio di austerità e prospettare tempi difficili, ma combattere per le tutele sociali e la redistribuzione, e far valere anche la possibilità di soddisfare le nostre esigenze in modi diversi. Nel campo dei servizi pubblici, in molti Paesi si pensa a tariffe ferroviarie ridotte. Per le famiglie e le imprese, si pensa a sussidi per modernizzare e risparmiare energia quando la gente ne ha maggior bisogno. A livello di comunità, nuove cooperative usano le energie rinnovabili fornendo elettricità a basso prezzo in modalità decentralizzate e democratiche. Schierandosi contro una situazione in cui individui precari dipendono da sistemi vulnerabili sui quali non hanno nessuna forma di controllo, i Verdi possono reclamare diritti e tutelare il tenore di vita creando istituzioni condivise basate sulla resilienza e l’abbondanza.

Nel corso della Storia, i diritti sociali sono spesso stati estesi in tempo di guerra. La determinata solidarietà europea nei confronti dell’Ucraina ormai sta accelerando gli sforzi di tutto il continente, mirati a porre fine per sempre alla dipendenza dai combustibili fossili. Questa trasformazione non potrà avere successo senza una maggiore solidarietà, sia tra le diverse società europee, che al loro interno. Piuttosto che di aiuti temporanei, queste hanno bisogno di una nuova direzione. Dopo il 2008, l’appello a un nuovo Green Deal, non raccolto immediatamente, ha continuato comunque a ispirare un approccio basato su investimenti pubblici, che continua ancora oggi a dar forma alla transizione verde in Europa e negli Stati Uniti. Il ruolo sociale del tanto atteso Green New Deal è oggi più importante che mai. Portando avanti questa priorità, i Verdi possono assumere ancora una volta un ruolo di leader. Gli investimenti nei beni comuni e nella transizione verde vanno di pari passo. Il futuro dell’Europa deve partire da soluzioni radicali in tempi di incertezza.

Con la scottante questione sociale in ballo, i partiti di tutta Europa si stanno sforzando di soddisfare le esigenze più immediate dei cittadini. Questo implica per i partiti Verdi quelle che sono allo stesso tempo sfide e opportunità. Che siano al governo, all’opposizione o in varie mansioni governative, queste sfide sono un’occasione per portare a un cambiamento con rapidità e urgenza. Questo potrebbe richiedere ai partiti Verdi di trovare compromessi su alcuni punti fermi, come nel caso del mantenimento delle attività delle centrali nucleari in alcuni Paesi. In ogni caso, però, la situazione attuale costituisce anche un’occasione per muovere verso la creazione di nuovi meccanismi di solidarietà e nuovi diritti sociali, accelerando gli investimenti pubblici nella transizione verde. Per raggiungere questi obiettivi, bisogna trovare le aperture giuste e sfruttare al meglio ogni occasione politica. I rapporti con le altre forze politiche e con gli alleati costituiscono dunque una nuova opportunità. I sindacati dei lavoratori e gli attivisti per il clima hanno spostato la loro azione verso nuove forme di militanza. Per perseguire i loro obiettivi, i partiti Verdi dovranno gestire e incanalare le richieste di questi elettori, inoltrandosi quindi in un terreno più conflittuale. Ancora, i partiti Verdi hanno l’occasione di essere quella forza politica che può mettere in relazione tra loro i livelli della politica europea e dare vita a un effettivo senso di solidarietà europea tra le società. L’agenda sociale a livello europeo ha acquistato nuovo slancio, ma il suo successo dipende dal sostegno nazionale. La capacità delle autorità locali, nazionali ed europee nel saper rispondere alle sfide sociali deriva anche da un’efficace cooperazione tra i vari Paesi. Coordinarsi è l’unico modo per gestire le tensioni e gli squilibri tra i vari stati europei. Se non lo faranno i Verdi, chi altro lo farà?

Traduzione di Anna Bissanti – Voxeurop