La libertà di stampa è essenziale per la democrazia, per avere un dibattito aperto e per denuncia gli abusi di potere. I media in Europa centrale hanno dovuto fare i conti con il declino della diversità nel settore, la chiusura dei media indipendenti e l’onnipresenza della propaganda. Alcune testate in questi paesi hanno dato prova di grande resistenza, continuando a produrre reportage di qualità nonostante la crescente pressione dei Governi. Con un sostegno sufficiente da parte dei lettori e della comunità internazionale, potrebbero formare la spina dorsale di un panorama mediatico emergente e pluralistico.

Il giornalismo dell’Europa centrale non è morto, anzi. A chi non ci crede non resta che guardare ai vincitori e i nominati dell’European Press Prize, il Premio della stampa europea, premio che è diventato un indicatore sempre più significativo della qualità del giornalismo in Europa. Nel 2020, il miglior pezzo d’opinione è venuto dal più grande quotidiano slovacco, SME. Beata Balogová, una giornalista che ha partecipato alle proteste studentesche del 1989 contro il regime illiberale e socialista del paese, ha descritto come tre decenni dopo il ripristino della democrazia, gli slovacchi si sono trovati di nuovo al bivio tra libertà e… il suo contrario. Il suo pezzo invitava alla resistenza contro i politici che stanno “sequestrando il futuro” e che giustificano queste misure con la motivazione di “proteggere l’identità della nazione contro i nemici, nemici che ‘cucinano’ seguendo le ricette degli autocrati di successo”.

Nello stesso anno, Spięcie, un progetto congiunto tra cinque redazioni indipendenti in Polonia, è stato lodato dai giudici dell’European Press Prize per i suoi sforzi nell’affrontare la polarizzazione nella società polacca. Le riviste partecipanti – che hanno opinioni politiche diverse, dal conservatore moderato al progressista di sinistra – hanno selezionato insieme una serie di argomenti da trattare. Invece di pubblicare gli articoli scritti dal proprio staff, ogni media ha pubblicato i pezzi di un altro per dare ai lettori prospettive nuove, magari non familiari, e aiutarli a uscire dalle loro “bolle mediatiche”.

I media della regione sono anche ben rappresentati tra le nomination recenti, tra cui Republica.ro per aver messo in luce la tendenza, diffusa, alla colpevolizzazione delle vittime (sia in casi di molestie sessuali, incidenti stradali o disastri naturali) nella società rumena nel 2017; l’outlet ungherese Direkt36 per aver descritto come l’industria tedesca ha protetto, nel 2021, il regime di Viktor Orbán dalle critiche occidentali e, infine, il sito web ceco A2larm per aver analizzato il significato di Black Lives Matter per la minoranza rom, lo stesso anno.

Ma il giornalismo di qualità non si limita alle nomination del premio. Nel 2018 in Slovacchia, Ján Kuciak e Martina Kušnírová sono stati assassinati in seguito alla pubblicazione di un reportage investigativo sulle organizzazioni criminali, pubblicato sul portale online Aktuality.sk. Il media investigativo bulgaro Bivol, il sito web investigativo trilingue baltico Re:Baltica e progetti transfrontalieri come il Balkan Investigative Reporting Network sono ben noti ai giornalisti di tutta Europa.

Il film documentario rumeno nominato all’Oscar, “Collective” descrive il lavoro del giornalista Catalin Tolontan e il suo team al giornale sportivo Gazeta Sporturilor e di come hanno portato avanti un’inchiesta per scoprire come la corruzione e l’incompetenza hanno portato alla morte di decine di persone dopo un incendio in un nightclub di Bucarest. Il rapporto ha portato alle dimissioni del Ministro della salute: si tratta di un esempio impressionante di come un giornalismo meticoloso e professionale può avere un impatto reale. Se il documentario termina con la sobria conclusione che il buon giornalismo da solo non può portare il tanto necessario cambiamento nelle società, il lavoro di questi reporter è, invece, un segno molto chiaro per i politici che pensano di farla franca in qualunque circostanza.

Un clima di cattura

Chiaramente non si tratta di una carenza di giornalismo di qualità: la situazione politica ed economica dell’Europa centrale negli ultimi decenni ha, però, reso sempre più difficile ai media indipendenti trovare soluzioni finanziarie sostenibili. Tanti tra loro hanno dovuto lottare per ottenere le risorse per finanziare le loro inchieste e per poter poi rendere il loro lavoro fruibile attraverso canali adeguati di distribuzione.

Un precedente articolo per il Green European Journal descrive come il panorama dei media nei nuovi stati membri dell’Est dell’Ue sia diventato sempre più ricco da quando hanno iniziato ad aprirsi, a partire dai primi anni Novanta. I giornalisti hanno iniziato a poter scrivere più liberamente e ad usare nuovi formati che prima erano loro sconosciuti.

La maggior parte dei media è entrata nelle mani di grandi conglomerati stranieri. Nei paesi che erano geograficamente più vicini all'”Occidente” (come i paesi di Visegrad: Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria), questo significava fino all’80% del mercato. Se sono stati, giustamente, criticati per aver dato priorità al profitto rispetto alla qualità giornalistica, oggi c’è una certa nostalgia per il tempo della “proprietà straniera”. In Ungheria, numerosi giornalisti sostengono che le compagnie straniere davano stabilità finanziaria e proteggevano efficacemente le redazioni dalla pressione politica.

I media indipendenti dell’Europa centrale non dovrebbero essere abbandonati.

Il nuovo millennio ha portato una serie di sviluppi sfavorevoli dovuti alla mancanza di requisiti relativi allo Stato di diritto dopo l’adesione all’Ue, alla crisi economica e cambiamenti nel mercato dei media innescati dalla rapida diffusione dell’accesso a Internet. In linea con la tendenza globale, le entrate dei media sono crollate, gli inserzionisti sono passati a Google e Facebook, e molti media precedentemente redditizi si sono ritrovati con le finanze in rosso.

Gli investitori e proprietari stranieri hanno perso interesse nei media che avevano acquistato nel decennio precedente (in particolare nei paesi più piccoli: meno nel relativamente grande e più robusto mercato polacco). Quasi contemporaneamente, una nuova razza di politici populisti autoritari ha cominciato a mostrare un crescente appetito per il controllo dei media. Da qui è nata la tendenza al controllo dei media o la creazione di gruppi di pressione che hanno impedito ai media indipendenti di poter lavorare in condizioni accettabili, senza violare apertamente i loro diritti.

Invece di imprigionare i giornalisti o inviare squadre di sicari nelle redazioni, i Governi che cercavano di aumentare il controllo o fare pressione, hanno introdotto tasse più alte o requisiti sproporzionati di controllo della qualità che hanno impedito i giornalisti di fare il loro lavoro principale, il giornalismo.

Parallelamente, alcuni gruppi di interesse hanno iniziato ad interferire nel mercato pubblicitario per affermare la loro influenza sulla copertura giornalistica, o semplicemente si sono “comprati” la possibilità di intervenire nei media. Nella Repubblica Ceca, Andrej Babiš (uomo d’affari e Primo ministro dal 2017) è diventato il più grande proprietario di un gruppo di informazione, dopo aver acquisito diversi media indipendenti importanti da proprietari stranieri. Il portale slovacco SME si è trovato temporaneamente nelle mani del gruppo finanziario Penta, una società della quale il media stesso si era spesso occupato, riportandone gli scandali di corruzione. In Slovenia, gli investitori, associati con il Governo autoritario populista ungherese, hanno iniziato a comprare quote in diversi media per sostenere il Governo del populista Janez Janša. In Ungheria, l’intera stampa locale e regionale è stata comprata dai precedenti proprietari (prevalentemente tedeschi) e trasformata in portavoce del Governo. Il Governo polacco ha espresso aspirazioni simili per la “ri-polonizzazione” del suo paesaggio mediatico.

La pubblicità è spesso assegnata in modo parziale. In Bulgaria e Ungheria, lo Gtato è diventato un attore dominante nel mercato pubblicitario, cosa che gli permette di premiare (finanziariamente) le coperture giornalistiche favorevoli e punire chi è invece critico. In questo contesto, i giornalisti di investigazione e i media, o coloro che vogliono semplicemente contribuire a un discorso pubblico libero, spesso si trovano a lottare per sbarcare il lunario.

Rivolgersi ai lettori

Nonostante il contesto in cui operano i media indipendenti della regione sia tutt’altro che sano, una buona parte delle testate è riuscita a sopravvivere: alcuni dei giornalisti che avevano perso il lavoro sono riusciti a lanciare nuovi progetti, anche se di solito più modesti.

Ci sono dei segnali di speranza per il futuro. Il giornalismo di qualità potrebbe essere più resistente di quanto alcuni commentatori pensano: i lettori potrebbero mostrare più disponibilità del previsto per sostenere la sopravvivenza di mezzi di informazione affidabili. Un rapporto del gennaio 2021 fa sapere che sempre più redazioni guardano alle entrate generate da loro lettorato come un mezzo per sostenere le operazioni future. Questa attenzione al sostegno dei lettori potrebbe essere un’opzione anche negli Stati membri dell’Europa orientale. I dati del Reuters Digital News Report del 2020 dicono che la percentuale di persone che pagano per le notizie è aumentata durante la pandemia: nella Repubblica Ceca e in Bulgaria, il 10 per cento degli intervistati ha detto di pagare per qualche forma di contenuto giornalistico online, con cifre che arrivano al 20 per cento in Polonia e al 16 per cento in Romania.

Le entrate generate dai lettori generalmente assumono una delle tre forme seguenti: abbonamenti (i lettori pagano per l’accesso alle notizie), donazioni (i lettori pagano per mantenere i media libero e disponibile alla lettura) e la membership (i lettori hanno un ruolo più attivo e partecipativo nella vita del giornale e della redazione).

Ci sono già stati alcuni esempi, ancora sporadici, di progetti di successo supportati dai lettori. In Slovacchia, un gruppo di giornalisti indignati per l’acquisizione di SME da parte di Penta ha deciso di lanciare il giornale Denník N (che significa il quotidiano indipendente). Il lancio del progetto è stato sostenuto con una donazione iniziale da una società informatica locale, ma il loro modello di abbonamento si è rivelato così di successo che in un breve periodo di tempo hanno accumulato abbastanza entrate da ripagare il capitale iniziale. Se Denník N è stato visto come un possibile modello per la regione, la maggior parte degli altri media hanno avuto meno successo nello sfruttare il potenziale dei lettori. Nella maggior parte dei paesi, i progetti di membership sono ancora nella loro fase embrionale e gli abbonamenti non sono riusciti finora a raggiungere un successo comparabile. Le donazioni sono più comuni, ma hanno svantaggi significativi: i loro flussi sono imprevedibili e gli importi generati da una campagna di crowdfunding sono raramente sufficienti a sostenere una redazione di più di una manciata di giornalisti. Ciononostante, per molti media investigativi e siti d’opinione di sinistra e progressisti sarebbe stato impossibile sopravvivere altrimenti.

I media a un punto di svolta

La pandemia è stata un punto di svolta. La crisi sanitaria ha reso il pubblico più consapevole della vulnerabilità delle redazioni indipendenti. Con il crollo del mercato pubblicitario e la chiusura delle edicole, sempre più media hanno chiesto sostegno ai lettori. L’emergenza sanitaria pubblica e la minaccia immediata per la salute dei propri cari hanno creato un rinnovato apprezzamento per i media che lavorano per scoprire la verità, piuttosto che amplificare i dati manipolati del governo.

In Ungheria, il governo di Viktor Orbán ha fatto un’azione che ha causato uno shock diffuso: ha rimosso il caporedattore della più grande redazione del paese, Index.hu – l’unica testata giornalistica indipendente rimasta, che era letta da un pubblico variegato, dai fan di Orbán ai critici del governo – mettendo uomini di sua fiducia nell’amministrazione. Questo atto ha provocato le dimissioni in massa di gran parte dello staff della redazione. I giornalisti, ritrovatisi senza lavoro, hanno lanciando una campagna di crowdfunding che ha portato loro circa 40mila sostenitori paganti.

In un Paese in cui il giornalismo online, completamente sostenuto dalla sua base di lettori, sembrava quasi impossibile, è stato possibile lanciare Telex.hu, sito che è riuscito ad assumere tutti gli ex membri dello staff che desideravano continuare il loro lavoro. Al momento il sostegno ricevuto è stato sufficiente per permettere alla piattaforma di operare senza pubblicità e rendere i suoi contenuti in accesso libero.

La leadership populista della Polonia seguito molti dei passi dell’Ungheria nel suo attacco allo Stato di diritto, alla società civile e ai media indipendenti. Una tattica chiave è trasformare i media del servizio pubblico (una forma di media indipendenti finanziati dai contribuenti) in una macchina ideologica, controllata dal Governo, spesso etichettata come “propaganda” dai suoi critici. All’inizio del 2020, Dariusz Rosiak, un popolare conduttore della radio del servizio pubblico Trójka, è stato licenziato, presumibilmente in risposta alla sua partecipazione a programmi trasmessi dal canale TVN, critico nei confronti del Governo, e alle sue frequenti critiche a Donald Trump. Di conseguenza, molti dei suoi ex-colleghi si sono ritirati e hanno deciso di finanziare in crowdfunding i propri media. La campagna ha superato di molto le aspettative dei suoi fondatori, e Nowy Świat ha ora un budget mensile di quasi 700mila zloty (150mila euro).

Cadere in basso

Casi come questi dimostrano che le donazioni possono sostenere i media: hanno permesso a giornalisti di comprovata esperienza, estromessi dalle loro redazioni a seguito di un’acquisizione, di continuare a fare giornalismo di qualità. Ma è difficile generalizzare a partire da queste esperienze, poiché il sostegno senza precedenti che hanno ricevuto è stato innescato dalla perdita da parte del pubblico di una preziosa fonte di informazione. È anche difficile prevedere quanto a lungo questo modello possa durare, dato che il giornalismo il cui modello economico è basato sulle donazioni ha una storia relativamente breve, e i dati e gli esempi finora disponibili suggeriscono che i donatori dei progetti di crowdfunding perdono rapidamente interesse.

Se i lettori possono essere generosi quando un nuovo progetto viene lanciato, è meno probabile che contribuiscano alla sua sopravvivenza in maniera continuativa. L’abbonamento – quando l’accesso è condizionato al pagamento – è visto da più parti come un modello più praticabile, attualmente utilizzato da media rinomati come Mladina in Slovenia e Gazeta Wyborcza in Polonia, tra gli altri. Ma questi modelli di abbonamento sono difficili da introdurre. A breve termine, bloccare i contenuti danneggia il referenziamento delle pagine sui motori di ricerca, i lettori e le entrate pubblicitarie. Inoltre, gli abbonamenti (o “paywalls”, come vengono chiamati a volte, in modo meno accattivante) rischiano di mantenere i contenuti di valore esclusi dalla diffusione a un pubblico più ampio.

In un momento come quello attuale, nel quale alcuni Paesi dell’Ue hanno Governi o gruppi d’interesse che investono grandi quantità di denaro ed energia nella diffusione di disinformazione o propaganda, rendere le notizie fattuali e di qualità disponibili solo a coloro che pagano è una strategia molto pericolosa.

I contenuti la cui produzione ha uno scopo politico (che si tratti di un servizio pubblico controllato dal potere o di media privati politicamente compiacenti) rischiano in questo modo di diventare la fonte di informazione di default per chiunque non sia disposto, motivato o persino in grado di comprare un’alternativa imparziale. Questo modello rischia di creare un divario incolmabile: non solo tra ricchi e poveri, ma anche tra gli “esperti” il cui lavoro, la cui posizione sociale o il cui interesse per la politica permette loro di cercare le migliori informazioni possibili sugli sviluppi della vita pubblica, e i cittadini con competenze o reti limitate, che possono avere altri interessi e bisogni che rendono difficile identificare o accedere alle informazioni importanti che si trovano dietro i paywall. In una tale situazione la democrazia soffre. Se gli elettori hanno facile accesso solo a informazioni manipolate, decidere in maniera consapevole e indipendente al momento di andare alle urne (o anche capire quali sono i propri interessi) è quasi impossibile.

Un modello più interessante, adottato dal canale video ungherese Partizán, tra gli altri, è il ricorso a contenuti “freemium”. Partizán produce talk show, interviste approfondite, documentari e indagini. Mentre la maggior parte dei contenuti sono in libero accesso sulle piattaforme di condivisione video o audio come podcast, i lettori/utilizzatori paganti hanno accesso a una serie di contenuti extra, come le versioni non tagliate dei video.

In alcuni paesi, i governi sono intervenuti per mitigare le perdite subite dalle redazioni a causa di Covid-19. Un buon esempio è il Latvian Media Support Fund, il cui scopo era quello di aiutare le emittenti, la stampa e le pubblicazioni online, in un momento di immensa pressione finanziaria. Ma in molti paesi, questo tipo di sostegno non è (o non sarebbe) disponibile a causa delle loro posizioni critiche, data l’aperta ostilità dei governi nei loro confronti.

Senza alcun legame con la pandemia, l’Ue fornisce un certo livello di sostegno al giornalismo investigativo di cui molti media fanno buon uso; inoltre negli anni alcuni filantropi privati hanno finanziato alcuni media per il loro lavoro sul campo. Nel dicembre 2020, la Commissione europea ha presentato il Piano d’azione europeo per la democrazia (European Democracy Action Plan) e il Piano d’azione per i media e gli audiovisivi (Media and Audiovisual Action Plan). Questi progetti sono stati accompagnati dalla promessa di adottare ulteriori misure per migliorare il pluralismo dei media, in particolare assicurando la trasparenza della pubblicità statale e aiutando i mezzi di informazione a richiedere un sostegno finanziario.

Una raccomandazione correlata nel 2021 mira a migliorare la sicurezza dei giornalisti, dato che le molestie e gli attacchi ai giornalisti (in particolare alle donne) sono diventati un altro grave problema. Si tratta di passi nella giusta direzione, ma potrebbero non essere sufficienti quando le redazioni si riducono costantemente e i giornalisti, specialmente quelli fuori dalle capitali, fanno fatica a fare il loro lavoro.

Per quanto riguarda le competenze dei giornalisti, molti dei media indipendenti in Europa centrale, come nell’Europa orientale più in generale, sono ben preparati per aiutare i loro rispettivi paesi a superare la “crisi della democrazia”. Sono professionisti esperti nel settore del giornalismo e godono della fiducia dei loro lettori; riescono ad attirare efficacemente l’attenzione sui problemi legati alla governance e scoprono continuamente le malefatte legate alle élite politiche ed economiche. Tuttavia, hanno bisogno dell’aiuto dei politici europei, delle fondazioni e dei cittadini responsabili per continuare a fare il loro lavoro, mantenere la qualità dei loro servizi e aumentare il loro impatto. Il sostegno è anche cruciale per mantenere la professione attraente per i talenti delle nuove generazioni che, ora, ci pensano due volte prima di accettare un lavoro sottopagato in una redazione con una prospettiva limitata per il futuro.

Se questo sostegno arriva in tempo, questi giornalisti, ben formati nel garantire informazioni affidabili e nel combattere la propaganda, possono formare la spina dorsale di un nuovo, e più forte, panorama mediatico. Un panorama in cui l’informazione importante rimane accessibile a tutti. Le redazioni sono particolarmente vulnerabili al rischio di essere chiuse in bolle di informazione, alla frammentazione del pubblico e alla volatilità del mercato dei media. Una crescente disponibilità a pagare per contenuti di qualità è un segno promettente: mostra che sempre più persone apprezzano la produzione di notizie di qualità e il pluralismo dell’informazione. Ciononostante, i media indipendenti dell’Europa centrale non dovrebbero essere abbandonati e lasciati soli ad affrontare la situazione negativa nei loro rispettivi paesi. Alla luce delle difficoltà finanziarie dei media occidentali, è chiaro che l’autosufficienza e la certezza del futuro sono ancora lontane per i media indipendenti dell’Europa centrale.

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia.

Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation
Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation

Between the progressive movements fighting for rights and freedoms and the exclusionary politics of the far right, this edition examines the struggle over democracy and representation in Europe today.

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