In una piccola isola del Mediterraneo, le parole resilienza, autonomia e solidarietà sono molto più immediate e concrete rispetto all’utilizzo che ne viene fatto dalla politica. In un processo iniziato durante la pandemia, divenuto ora ancora più utile nel contesto della crisi energetica, gli abitanti dell’isola hanno creato insieme una Comunità Energetica Rinnovabile. La loro storia ci insegna che un sistema energetico equamente distribuito, decentralizzato e democratico è un sistema più sicuro.

Il traghetto che parte dall’isola di Ventotene diretto a Formia, è più affollato rispetto a quello che va nella direzione opposta. Qualche isolano dormicchia in attesa di raggiungere la penisola, mentre qualche visitatore meno abituato scatta le ultime foto delle case colorate della piccola isola italiana, che lentamente diventa sempre più lontana. È finita l’estate e con essa anche la stagione turistica; l’isola si svuota. Non sono solo i turisti a diminuire, ma anche gli abitanti stessi. Dei circa 800 residenti, ne rimangono non più di 200.  

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«In inverno questo bar è uno dei pochi punti di ritrovo per i giovani. Restare aperti è una scelta, ma è una scelta che comporta dei costi», dice Antonio Psaros (per gli amici Toni) mentre spegne i frigoriferi, preoccupato delle spese del suo bar. Aggiunge: «Io l’anno scorso le bollette dell’elettricità le ho pagate 800 euro per luglio e agosto, invece ora ho speso 1500 euro. Per le piccole attività come noi quest’incremento pesa molto». Ma Psaros è deciso a non chiudere il suo locale dopo l’estate, per poter offrire un luogo a chi decide di rimanere anche d’inverno. Una scelta per se stesso e per la sua comunità, che lo ha portato a ripensare il suo ruolo nell’isola, scegliendo di diventare membro della Comunità energetica rinnovabile (Cer) di Ventotene. «Oltre che al beneficio ambientale, la partecipazione alla Cer può aiutare a sostenerci in questo momento di difficoltà dato dall’aumento dei prezzi di gas e luce» dice Psaros, mentre cerca sul suo telefono le bollette più recenti per mostrarle. 

Antonio Psaros, detto Toni, mostra una delle sue ultime bollette della luce.

Sono 38 le Cer già ufficialmente costituite in Italia giuridicamente riconosciute, ma almeno altre 65 sono in fase di progettazione o stanno muovendo i primi passi, secondo quanto censito da Legambiente, associazione ambientalista italiana, nel Rapporto sulle Comunità Rinnovabili del 2022. Le Cer si basano su un’idea di produzione e consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili, prodotta da impianti distribuiti localmente e che viene condivisa da una serie di consumatori ubicati nelle vicinanze. Alla base vi è la necessità di pensare nuovi modi di produrre, distribuire e consumare energia basati sulla condivisione e che si pongano in netta opposizione allo spreco energetico. I membri della Cer non sono però solo “consumers”, ma  “prosumers” in quanto diventano anche produttori e proprietari di impianti, capaci di generare valore economico, sociale e ambientale nel proprio territorio.  

Le Comunità Energetiche Rinnovabili vengono disciplinate a livello europeo dall’articolo 22 della direttiva Ue RED II nell’ambito dello sforzo di decarbonizzazione e promozione delle fonti rinnovabili stabilito per il 2030. Il Decreto Milleproroghe del 2019, approvato nel 2020, stabilisce un primo recepimento all’interno del corpus normativo italiano delle direttive europee, complessivamente recepite attraverso i decreti legislativi 199 (RED II) e 210 (IEM) del 8 novembre 2021, rendendo così possibile la costituzione formale delle Cer in Italia. Questa direzione legislativa viene accompagnata da incentivi statali: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) destina circa 23,78 miliardi alle energie rinnovabili e nello specifico 2,2 miliardi per lo sviluppo delle Cer.  

«Riconoscere giuridicamente le Cer è un passo importante per l’Italia, poiché significa supportare questo tipo di produzione di energia. A mio parere è un modello ideale in quanto dipendente da fonti rinnovabili e localizzato opponendosi all’attuale modello centralizzato e dipendente dalle fonti fossili» spiega Tommaso Polci, che lavora nell’Ufficio energia di Legambiente. Aggiunge Polci: «Le Cer permettono di ritrovare una dimensione umana rispetto a un mondo percepito distante da noi. Per spiegarmi meglio: quando accendiamo una lampadina spesso non ci domandiamo da dove arrivi l’elettricità. Con le Cer questo approccio cambia, poiché siamo portati a chiederci come venga generata l’energia che consumiamo e a comprenderne il valore». 

Nella stessa strada del locale di Antonio Psaros, un cartello verde contrasta con la porta azzurra del bar di Alessio Castagna, dove si legge: «Lo storico Art cafè diventerà dopo l’estate uno spazio laboratorio per facilitare e supportare la realizzazione di proposte e progetti circolari e rigenerativi legati alla tutela ambientale e culturale dell’isola». Castagna ha scelto fin da subito di aderire alla Cer. Apre le porte che si affacciano sulla terrazza del locale, e indica verso l’alto. Il sole è accecante,  difficile vedere cosa indichi. «Probabilmente i pannelli saranno lì», spiega. “Dream in progress” recita il cartello all’ingresso; un sogno che Castegna vorrebbe rendere condiviso, come si legge poche righe sotto: «Nell’epoca del confino politico qui si trovava la mensa socialista, oggi immagino in essa un luogo in cui si possa ascoltare, sognare e co-progettare». Con questa prospettiva progettuale Castagna vede la sua partecipazione alla Cer: «Quando si punta all’autosufficienza bisogna pensare a lungo termine. Una comunità decide insieme che il luogo da cui trarre guadagno è anche un luogo da preservare. E quel luogo diventa la casa di cui quel gruppo di persone si prende cura». Per anni Castagna ha viaggiato per il mondo come fotografo e documentarista, lasciando il suo locale in gestione. E poi, improvvisamente, Ventotene è tornata a essere la sua casa. “Io prima facevo solo le stagioni e poi andavo via, così come fanno tutti». Ma poi, nel 2020, Castagna si è trovato a rivivere alcuni mesi, non solo estivi, nell’isola. Racconta: «Stando qua con tutte le problematiche, la pandemia, le restrizioni, si è cominciata a creare una rete di aiuto. C’è stato un periodo in cui non arrivavano molti prodotti sull’isola, quindi ognuno cominciava a cooperare. In quel preciso momento, in cui ci trovavamo tutti un po’ bloccati, ho cominciato a vedere delle occasioni in cui si poteva credere in nuovi ideali e possibilità » 

Alessio Castagna, proprietario dell’Art Café

Ed è proprio in clima di restrizioni e lockdown che inizia a maturare l’idea della Cer di Ventotene grazie a Gabriele Magni, oggi dottorando ma ai tempi della pandemia laureando in ingegneria energetica. Sebbene il suo legame con l’isola risale all’infanzia, ha continuato con frequenza ad andare a Ventotene, ma solo nella stagione estiva. Poi, racconta Magni, «ho cominciato ad andarci sempre di più, poi è arrivato il periodo del Covid e stare a Roma era solo scomodo e inutile. Avevo un posto in cui appoggiarmi a Ventotene e ho deciso, per la prima volta, di passare un periodo invernale sull’isola per scrivere la tesi magistrale. A stretto contatto con il territorio ho avuto l’idea di scrivere la tesi su Ventotene non solo a Ventotene fisicamente». Coadiuvato dal suo relatore, il professore Andrea Micangeli, che insegna sistemi energetici presso l’università La Sapienza di Roma, Magni ha intrapreso un’analisi che lo ha portato a descrivere quale potesse essere il modello di Cer per Ventotene. La conoscenza dell’isola e dei suoi abitanti gli ha dato una marcia in più. Ha iniziato a bussare di porta in porta spiegando cosa stava facendo e chiedendo alle persone cosa ne pensavano della sua idea e se avrebbero voluto far parte della comunità. Una sorta di sondaggio esplorativo che sin da subito ha portato Magni a interloquire anche con l’amministrazione. Questo legame è servito da facilitatore, infatti «il sindaco ha accolto volentieri l’idea e ha fatto una delibera di giunta comunale, in cui ha dichiarato di voler fare la Cer e poi nell’ottobre successivo, cioè ottobre 2021, è stata costituita ufficialmente l’associazione comunità energetica di Ventotene» che sancisce la messa in pratica di quella che fino a quel momento era stata una ricerca. 

Con le Cer siamo portati a chiederci come venga generata l’energia che consumiamo e a comprenderne il valore. 

Il commissariamento del comune ha, in parte, interrotto questo processo di costruzione della comunità. Così, nonostante il periodo di stop a cui è costretta la comunità, si lavora sulle relazioni tra le persone. Ad aiutare Gabriele Magni su questo fronte c’è Gloria Consoli, coordinatrice della cooperativa di comunità di Ventotene. La sinergia fra queste due figure porta all’attuazione di un approccio dal basso. Parlando di questo processo Magni elenca i vari passaggi: «abbiamo cominciato a creare una mailing list di persone interessate su cui si inviava anche materiale informativo su cosa può essere una Cer e su come funziona; ci siamo riuniti più volte tra di noi per delle riunioni durante l’anno in cui si spiegava anche che cos’è, come si poteva fare e quali erano i passi per portarla avanti». L’approccio di Consoli prevede «l’idea di cominciare a pensare la comunità energetica come una comunità nel vero senso della parola. Quindi cominciare a fare delle cene sociali per mettere da parte, alla fine dell’anno, quel gruzzoletto da reinvestire in altre attività». Per rappresentare la complessità di una comunità, seppur piccola, fa l’esempio del condominio: diversità, specializzazioni diverse, collaborazione e a volte anche situazioni di crisi.   

Consoli promuove anche dei gruppi di lavoro composti da cittadini di Ventotene di tutte le età. Solitamente si procede con delle equipe, come quando sono stati proposti dei laboratori. Ricordando una delle attività svolte, Magni racconta: «Abbiamo fatto un’analisi dei pro e contro che ci sono nel costruire una Cer, insomma abbiamo messo le persone non solo a fare una lezione frontale, ma attuando un processo partecipativo che ha portato anche alla stesura di un’agenda di transizione energetica per l’isola di Ventotene». 

Consoli aggiunge che lo spirito comunitario è fondamentale, ma da solo non basta, infatti «Bisognerà lavorare molto sulla governance della Cer, quindi sull’aspetto finanziario per capire quali possono essere i progetti da mettere in campo con i soldi che si riescono a guadagnare». A fare da denominatore comune sono le parole formazione e sensibilizzazione. Ciascuno, poi, in base al proprio background e alle proprie esigenze declina le conoscenze acquisite in modo diverso. 

«Il nostro hotel sta aperto solo d’estate. Quindi vediamo la nostra partecipazione alla Cer anche in un’ottica di scambio: in inverno, quando non lavoriamo, possiamo azzerare i costi ai privati o imprese più piccole con l’energia che produciamo, mentre loro ci aiuterebbero durante l’estate», commenta Nicola Assenso gestore dell’Hotel Calabattaglia. Il grande spazio a disposizione gli permetterebbe di installare numerosi pannelli fotovoltaici, ma la produzione andrebbe persa nei periodi di inattività: «Abbiamo la possibilità di creare un impianto piuttosto grande, fornendo così anche energia a chi non ha la possibilità di mettere i pannelli». Per questo motivo Assenso è entusiasta di prendere parte alla Cer, seguendo un’idea re-distributiva dell’energia, significativa in un periodo di difficoltà per molte famiglie causato dall’aumento dei prezzi e dalla crisi energetica. «Questa è una piccola isola e se aderissero tutti potrebbe essere possibile abbandonare del tutto i combustibili fossili, divenendo perla esemplare dell’Unione Europea». 

Il Centro polivalente di Ventotene, dove si sono svolte le prime riunioni che hanno dato vita alla Cer.

Anche Antonio Psaros guarda con positività al futuro della Cer: «Più persone sono coinvolte, più persone vorranno essere coinvolte a loro volta», dice mentre entra un suo amico. Si siede e cominciano a chiacchierare. Di quell’amico che quest’anno parte. Dei prezzi del caffè che sono aumentati.  E poi dell’altra sera e del troppo vino. Di quanta energia consumino i forni. Crisi climatica, crisi energetica, crisi politica ed economica segnano la quotidianità delle persone, intessono e influenzano i rapporti sociali. Così quello che può sembrare un piccolo esperimento a livello locale è, in realtà, laboratorio di innovazione e colloca Ventotene nel solco della tradizione come fucina di idee dal respiro europeo. Ventotene, una piccola isola, la prima Cer nel Lazio può fare da apripista e insieme ad altre piccole realtà sparse per l’Italia dar luogo a un arcipelago di comunità energetiche. 

Quello che può sembrare un piccolo esperimento a livello locale è, in realtà, un laboratorio di innovazione

Alessio Castagna prende un grande foglio di carta da un cassetto. Nel frattempo racconta della sua associazione “Sconfinata” che, anche durante la bassa stagione, cerca di creare processi di inclusione sociale e formazione e che stabilisce con la Cer un rapporto di collaborazione e di condivisione di valori. Alessio apre il foglio. Frecce in giù e in su rappresentano le interrelazioni tra le realtà e le persone attive nell’isola. Come in un organigramma aziendale, viene tracciata una mappa dove in un riquadro spicca scritto in maiuscolo “Comunità energetica” a cui si collegano molti altri nomi. Gabriele Magni, o un più generico “Università”, “Sconfinata” e altri ancora. Una freccia indica “Lega Navale”. «Noi siamo tra i sostenitori e promotori della prim’ora» afferma Francesca Rizzi, vicepresidente della Comunità energetica di Ventotene. Nell’isola la Lega Navale è conosciuta per il suo impegno ambientalista e per la promozione di un rapporto sostenibile con il territorio. «Noi dal 1997 con l’istituzione dell’area marina protetta a Ventotene (poi dal 1999 è diventata anche riserva naturale statale) abbiamo sempre pensato che il bene che avevamo sotto i piedi andava preservato». Con naturalità hanno perciò deciso di abbracciare il progetto Cer, consapevoli dell’importanza di unire più conoscenze con l’obiettivo di raggiungere uno scopo comune. Progettare insieme, trovare soluzioni per un fine comune. Sono gli stessi concetti che insegna la Lega navale, quando in mezzo al mare gli allievi della scuola imparano a collaborare per muovere la vela: «Ci vuole coordinazione, le relazioni e il senso di comunità hanno un ruolo centrale in mezzo al mare così come nella Cer. Siamo tutti sulla stessa barca».  

Un diagramma mostra le connessioni tra le varie parti che costituiscono la Cer di Ventotene.

In quest’ottica l’impegno per far fronte alla crisi climatica, oltre che all’inflazione e alla crisi energetica, deve essere realizzato collettivamente. L’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e agricoli hanno forte effetto sull’Italia, per la sua dipendenza dall’estero. L’instabilità geopolitica scaturita dal conflitto in Ucraina e gli effetti della crisi climatica, tra cui la siccità degli ultimi mesi, hanno conseguenze soprattutto sulle fasce più povere della popolazione, incrementando le diseguaglianze. In tale contesto si fa sempre più urgente una reale transizione ecologica che ponga le sue basi in una divisione solidale e sostenibile delle risorse.  «Le Cer sono uno strumento utile contro la povertà energetica» commenta in merito Tommaso Polci, raccontando l’esperienza della Cer di  Napoli, costituita nei quartieri poveri di Teduccio e San Giovanni. «Oltre al risparmio per le famiglie, è stata un’occasione di riscatto sociale. Questi quartieri erano famosi per la criminalità, ma per una volta sono stati raccontati in modo diverso». La dimensione economica, sociale e ambientale si mescolano in una comune linea di reciprocità e scambio tra la collettività e il territorio nel complesso. «La comunità energetica deve servire anche per un’istanza di redistribuzione del potere d’acquisto, dell’energia, un’istanza di uguaglianza. Potrebbe andare a ricucire la differenza che c’è tra le classi sociali, che si sta sempre più allargando negli ultimi decenni» commenta Raffaele Spadano, antropologo che gestisce la Comunità di Gagliano Aterno, nella regione Abruzzo. Aggiunge: «Si dice che non c’è alternativa e non si può fare nulla contro cambiamento climatico, pandemia, guerra. Ma le Cer permettono di ripartire da delle basi semplici. Innanzitutto il valore generato dalla natura (acqua, vento, sole, biomasse) deve restare  a chi abita quei territori; al tempo stesso  bisogna far sì che la gestione e la manutenzione degli impianti sia affidata localmente». Gagliano Aterno è un piccolo paese tra le montagne abruzzesi e Spadano vede nelle Cer una possibilità importante per il recupero di un senso di comunità messo sempre più a rischio dallo spopolamento dell’area. «Costituire una Cer è un percorso che richiede tempo, anni e in questi anni le comunità devono essere accompagnate. Molto spesso ci troviamo di fronte a scenari in cui le comunità sono sfilacciate, sono deteriorate dal punto di vista delle relazioni perciò come prima cosa bisogna riscoprire una dimensione collettiva». 

Eppure sono molti gli ostacoli che stanno rallentando lo sviluppo delle comunità energetiche in Italia. A livello europeo Germania, Danimarca e Paesi Bassi superano di gran lunga l’Italia per il numero di Cer riconosciute. L’Italia tuttavia ha visto negli scorsi anni numerosi esperimenti e progetti che seppur non giuridicamente riferibili al quadro legislativo delle Cer, hanno promosso esempi di autoconsumo e promozione di fonti rinnovabili locali. «Nel 2021 l’Italia era abbastanza avanti a livello europeo, diciamo che era un Paese virtuoso, anche rispetto alle Cer. Ma con questi ritardi stiamo perdendo tempo e stiamo rimanendo indietro» commenta Polci. Ritardi dovuti in parte all’instabilità a livello legislativo e rallentamenti nelle regolamentazioni tecniche che hanno bloccato l’installazione dei nuovi pannelli, a partire da Ventotene stessa. Legambiente denuncia infatti il grave ritardo degli Orientamenti in materia di configurazioni per l’autoconsumo predisposto dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), in attuazione del Decreto legislativo 199/2021 e dal Decreto legislativo 210/2021 di recepimento delle direttive europee. A ciò si aggiunge l’assenza di chiarimenti sugli aggiornamenti riguardanti i meccanismi di incentivazione, necessari per l’avvio di molte Cer in Italia, oltre a questioni di ordine tecnico, come spiega Polci: «I membri di una comunità energetica devono appartenere tutti alla stessa cabina primaria. Per sapere a quale cabina si appartenga si deve fare riferimento al proprio distributore locale (per lo più Enel). È un’informazione necessaria nel primo passo di formazione di una CER, ma spesso si deve aspettare molto a lungo». 

Un’Ape per le strade di Ventotene, di fronte a una casa abbandonata in vendita.

Come spiega Gloria Consoli anche per la Cer di Ventotene il percorso di formazione è stato in salita e oltre ai ritardi di adeguamento alla normativa e al commissariamento del comune che ha comportato la mancanza della figura del sindaco, in quanto presidente dell’associazione della comunità energetica di Ventotene, si sono aggiunti anche i problemi di allacciamento alla cabina di bassa tensione. Questo ostacolo iniziale ha fatto sì, continua Consoli, che «il primo nucleo della Cer di Ventotene fosse formato da un gruppo ristrettissimo di persone legate tutte alla stessa cabina di bassa tensione», in questo modo si sarebbero dovuti creare cinque gruppi, ognuno legato a una cabina diversa, ma ciò avrebbe comportato una frammentazione a scapito della coesione. Quindi, per evitare tale divisione si è preferito iniziare da un piccolo gruppo di persone. 

Nel rapporto Orange sulle Comunità energetiche (2022) si ricorda, in riferimento agli obiettivi europei fissati per il 2030 sulla transizione energetica che «l’Italia è in ritardo in questo percorso, tanto che il 26 luglio sono state aperte dalla Commissione Europea 10 procedure di infrazione per il mancato recepimento di alcune direttive, tra cui proprio quella sulle comunità energetiche». 

L’avvio di un numero sempre maggiore di Cer potrebbe apportare vantaggi su tutto il territorio nazionale, andando a favorire un processo virtuoso per cui i membri delle comunità possano essere in grado di reinvestire autonomamente sul territorio senza dipendere da rallentamenti e ostacoli politici che spesso si frappongono alla transizione ecologica.  Commenta Magni: «Il passo successivo sarà creare delle reti di comunità tra Cer, una sorta di green communities, delle reti di scambio di buone pratiche. Però prima devono essere avviate le Cer».  

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