Ex alto funzionario del governo bielorusso, Pavel Latushka è stato testimone diretto del sistema di potere del Presidente Lukashenko. Dopo che un’elezione fasulla ha scatenato diverse proteste, Latushka ha raggiunto le fila della resistenza al regime. Ora in esilio politico, Latushka, parla con Roderick Kefferpütz della lotta per mantenere vivo il movimento pro-democrazia bielorusso, delle caratteristiche uniche di questo movimento, e del bisogno urgente per l’Europa di prendere una posizione in solidarietà con gli insorti.

Roderick Kefferpütz: Le proteste bielorusse erano già iniziate prima delle tanto contestate elezioni dell’agosto 2020, ma sono diventate molto più importanti in dimensioni dopo che è stato chiaro per chiunque il fatto che Lukashenko aveva truccato i risultati a suo favore. Ci può spiegare come il movimento democratico è emerso e come ha preso slancio?

Pavel Latushko: Artem Sakov, Dzmitry Popau, Pavel Seviarynets, Aliaksandr Shabalin, Uladzimir Tsyganovich.

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Voglio iniziare con questi cinque nomi. Al momento si contano 362 prigionieri politici in Bielorussia. Da oggi, ho deciso di iniziare tutte le interviste che mi vengono fatte riconoscendo la loro lotta, usando i nomi di cinque di loro. L’Europa dovrebbe conoscere i loro nomi. I brogli elettorali sono stati il primo fattore scatenante della protesta. Il secondo è stata la conseguente violenza di massa. Ricordo quando Internet è stato messo fuori uso e abbiamo avuto un blackout informativo di tre giorni. Quando Internet è tornato, ricordo di aver ricevuto tanti questi messaggi sul telefono che mi mostravano video e foto della brutalità massiccia della polizia. È stato orribile.

È stato allora che tutta Minsk, e tutta la Bielorussia, ha deciso di scendere in piazza. Il Governo ha risposto alle proteste con una violenza ancora maggiore. Si stima che nove persone siano state uccise negli ultimi otto mesi, 35mila persone sono state arrestate e detenute. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto 4600 casi di tortura. 500 giornalisti sono stati arrestati. E la lista continua. I bielorussi sono arrabbiati e si sentono traditi. Vogliamo la nostra libertà. Siamo l’unico paese in Europa che continua a vivere in una dittatura.

Il movimento per la democrazia in Bielorussia si distingue per due motivi: la partecipazione importante delle donne e il coinvolgimento di persone del mondo culturale. Puoi spiegare queste due dinamiche e cosa hanno portato alla lotta?

Sì, questo è un dato unico per il nostro movimento. A capo della nostra protesta ci sono tre donne leader. Hanno avuto il coraggio di difendere i loro mariti, le loro famiglie e le persone a loro vicine. Sono state la scintilla che ha dato agli altri il coraggio di agire e fare lo stesso. Ricordo di aver visto queste donne in Tv e mi sono detto: come uomo, se mia moglie stesse combattendo per me, combatterei anche io per lei? Ma certo! Ed è così sono diventate un esempio anche per molti uomini.

E come ex Ministro della cultura e direttore del Teatro Nazionale della Bielorussia, sono orgoglioso delle persone che fanno parte del mondo della cultura. Più di 600 operatori culturali sono stati repressi [arrestati, costretti a lasciare il loro lavoro, banditi dalle attività culturali]. Diverse decine di loro sono in prigione mentre parliamo. I professionisti della cultura sono stati i leader di questa protesta insieme a tanti altri: studenti, accademici, sportivi, lavoratori, vecchi e giovani. Tutti si sono uniti per la nostra nazione.

Anche i social media hanno giocato un ruolo particolarmente importante nel vostro movimento di protesta.

Sì. I social media sono stati il nostro strumento di libertà. Ci hanno permesso di raggiungere tutti i bielorussi, sia tramite Telegram, Youtube, Instagram, Facebook o Twitter. E il regime lo ha capito. In questo momento stiamo vivendo una guerra dell’informazione. All’inizio eravamo in vantaggio, sembrava stessimo vincendo. Ora il regime sta combattendo e hanno bloccato i canali Telegram. La nostra pagina Instagram è stata messa off line, quasi tutti i media regionali sono bloccati, e da maggio tutti i mezzi di informazione possono essere messi a tacere con una decisione del Ministro dell’informazione, senza il bisogno di una decisione del tribunale. Qualsiasi media può, inoltre, essere accusato di estremismo per decisione del procuratore generale. Vorrei che i vostri lettori capissero che la società civile ha cessato di esistere in Bielorussia: non c’è libera stampa, non c’è libertà di parola, non c’è diritto di protestare, non c’è diritto di fondare un partito politico. C’è solo la repressione. La Bielorussia è tagliata fuori da tutto. A settembre, tutti i media europei hanno coperto le grandi manifestazioni in Bielorussia. Oggi, non si trova nessuna informazione sulla Bielorussia.

In effetti, siamo ancora nel mezzo di una pandemia, i cicli delle notizie cambiano e l’attenzione è una risorsa limitata. Come si fa a mantenere vivo questo movimento?

Questo è il cuore della domanda. Penso che il fattore shock resti e debba galvanizzare l’azione dei politici europei. La repressione su vasta scala e la violenza brutale che c’è in Bielorussia non ha precedenti in Europa. Lukashenko ha superato tutte le linee e gli standard immaginabili. Ha persino dato allo Stato la licenza di uccidere: ha cambiato la legge per dare alla polizia il diritto di usare le armi contro i manifestanti pacifici. Questo è un punto di non ritorno, non c’è futuro per lui. Non può esserci un ritorno alla “normale amministrazione”. Quindi rimane una sola opzione: la vittoria. Stiamo lottando e siamo ancora in piedi. C’è un enorme potenziale emotivo nel popolo bielorusso: sono arrabbiati, ma hanno anche paura. Dobbiamo poter protestare di nuovo e quando lo faremo, queste proteste saranno massicce, decideranno il destino della Bielorussia. E il resto dell’Europa deve mostrare il suo sostegno. Come europeo, mi appello agli europei.

Come può aiutare l’Europa?

Ci sono due modi. In primo luogo, abbiamo bisogno di sanzioni efficaci e a breve termine. Devono essere efficaci e avere un’influenza effettiva sul regime di Lukashenko. E devono essere a breve termine perché non vogliamo rovinare l’economia bielorussa.

Sono passati otto mesi, tuttavia, e non ci sono ancora sanzioni. In un recente sondaggio, circa il 64% degli intervistati, cittadini bielorussi, ha sostenuto l’esclusione della Bielorussia dal sistema internazionale di pagamenti SWIFT. Si tratterebbe della sanzione più potente. Se non si sanzionano le azioni di Lukashenko, le si sostengono. Il popolo bielorusso chiede sanzioni. Non vogliono continuare a vivere sotto una dittatura. Se credete che le sanzioni spingeranno la Bielorussia nell’orbita della Russia, vi sbagliate. Questo accadrà comunque: in due o tre anni, se la situazione resta com’è attualmente, la Bielorussia non avrà più sovranità. Ecco perché si tratta anche del destino della Bielorussia. Ho inviato un appello pubblico all’alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, e fino ad oggi non ho ricevuto una risposta. L’Ue sta discutendo un altro pacchetto di sanzioni, ma non importa quanti pacchetti di sanzioni si discutono e si attuano, ciò che conta è cosa c’è dentro quei pacchetti. State sanzionando individui poco importanti e aziende minori? O state colpendo dove fa male?

Mi è stato detto che le sanzioni non sono uno strumento di influenza e che non portano risultati. Certo, non ci saranno risultati se non si applicano sanzioni adeguate. Mi creda, sono stato all’interno del Governo bielorusso: abbiamo bisogno di sanzioni vere, dure, non di sanzioni cosmetiche.

E poi abbiamo bisogno di una conferenza politica internazionale al più alto livello possibile per discutere la questione bielorussa.

Thailandia, Myanmar, Russia, Hong Kong… in tutto il mondo vediamo proteste per la democrazia e la libertà. Cosa hanno in comune queste proteste e cosa le differenzia?

C’è una differenza fondamentale tra queste lotte. La Bielorussia è in Europa, il problema bielorusso è un problema europeo. Non si tratta solo di una crisi politica europea: è una crisi di civiltà. Ciò che sta accadendo in Bielorussia è in completa opposizione ai valori, ai diritti umani e al diritto alla libertà che l’Europa rappresenta. La Bielorussia rappresenta una sfida storica per l’Europa.

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia.

Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation
Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation

Between the progressive movements fighting for rights and freedoms and the exclusionary politics of the far right, this edition examines the struggle over democracy and representation in Europe today.

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