La gestione della Brexit e della crisi sanitaria da parte del Governo britannico è stata innegabilmente caotica e venale. Nel tentativo di distrarre l’opinione pubblica e difendere il proprio potere, il Governo ha tentato di sfruttare le questioni culturali a scapito dei diritti e delle norme democratiche, mettendo ulteriormente a rischio gruppi già vulnerabili. Questo approccio ha portato a una svolta sempre più autoritaria contro i diritti delle minoranze, le libertà civili e lo stato di diritto.

La battaglia sulla Brexit ha rimodellato la politica britannica. Diversi studi hanno dimostrato che gli elettori ora si identificano più facilmente in quanto “Leavers” (chi sostiene l’uscita dall’Ue, ndt) o “Remainers” (coloro che non hanno votato per la Brexit, ndt) piuttosto che con un partito in particolare, sulla base di uno spostamento a lungo termine dall’affiliazione rigida al partito. Il partito conservatore (o Tory), tradizionalmente il partito che rappresenta l’elettorato ricco e affermato, è diventato il partito del “Leave”.

La mossa è stata fondamentale per abbattere il cosiddetto “muro rosso” (“red wall”) — il cuore del laburista dell’Inghilterra settentrionale, compresi molti ex siti minerari e industriali — nelle elezioni generali del 2019. Per fare appello a questi elettori, che condividono poco gli interessi economici dei Tories tradizionali, il Governo ha raddoppiato le politiche di “guerra culturale”, mettendo da parte i vincoli dello stato di diritto e dei diritti umani. Questa politica, che ha preso di mira le comunità gitane e nomadi, eroso ulteriormente i diritti dei migranti e criminalizzato a protesta, si può descrivere solo come politica e azioni di un Governo di estrema destra.

I Governi britannici che si sono succeduti hanno alimentato un razzismo anti-gitani e anti-popolazioni nomadi profondamente radicato, che è andato di pari passo con una politica che ha lavorato attivamente per distruggere il tradizionale stile di vita nomade, costringendo le comunità in case stabili.

Nel 2021, una nuova legislazione potrebbe portare la criminalizzazione delle comunità nomadi a un nuovo livello, criminalizzando lo sconfinamento e permettendo il sequestro delle case delle famiglie. Ridurre gli spazi in cui le famiglie itineranti possono fermarsi e vivere mette fine e a uno stile di vita secolare: si tratta di una discriminazione del tipo più ovvio e raffinato, contro una comunità storicamente presa di mira in ogni parte del mondo (e con un tentativo di genocidio alle spalle).

La stessa legislazione vuole anche eliminare il diritto di protesta: esplicitamente pensata per i movimenti Extinction Rebellion (XR) e Black Lives Matter, dà alla polizia il potere di fissare limiti sul rumore, interrompere le “proteste statiche”, imporre un orario di inizio e fine, e agire contro i manifestanti solitari. La stessa legge dà anche al Ministro dell’Interno il potere di determinare quali atti costituiscono “grave disturbo”, con conseguenze che potrebbero portare i manifestanti ad affrontare fino a 10 anni di carcere.

Priti Patel, Segretaria di Stato per gli affari interni,ha descritto l’XR come “un attacco vergognoso al nostro stile di vita, alla nostra economia e ai mezzi di sussistenza della maggioranza dei lavoratori”. Queste politiche arrivano in un contesto più ampio che vede il Governo demonizzare e maltrattare i richiedenti asilo, in particolare quelli che rischiano la vita per attraversare la Manica. Il numero di persone che fanno la traversata in mare è in costante crescita dal 2018. Le persone migranti intercettate sono detenute in condizioni terribili e, in alcuni casi, perseguitate e incarcerate senza giusta causa. In futuro, la residenza per l’insediamento permanente potrebbe essere negata anche a coloro a cui è stato riconosciuto, seppure a malincuore, lo status di rifugiato. Nelle proposte pubblicate nel marzo 2021, il Governo cerca di ridurre il numero di persone che arrivano via mare, anche se il loro status di rifugiato è riconosciuto, limitando la concessione di un permesso temporaneo per rimanere nel Regno Unito e negando loro la maggior parte dei benefici sociali.  

Queste proposte di legge fanno parte di una politica che mira a perseguitare i gruppi minoritari più vulnerabili della società e limitare e reprimere i diritti democratici. Nel frattempo, i Ministri del governo fanno a gara per vedere chi può apparire su Zoom davanti alla bandiera Uk più grande: si tratta di un modo per sbandierare un nazionalismo che sembrava estraneo al carattere britannico e l’insegnamento — come definito dai Ministri — dei “valori britannici” nelle scuole, occupando uno spazio che potrebbe altrimenti usato per incoraggiare l’impegno politico e il pensiero critico.

Alcuni Ministri del Governo sembrano apprezzare queste azioni e condividono queste opinioni “estreme” ma, va detto, non si tratta di un Governo composto principalmente da persone di estrema destra. Il Primo ministro Boris Johnson, durante il suo mandato in come sindaco di Londra, era visto come un politico relativamente liberale. Perché il Governo sta spingendo i limiti di quello che è considerato accettabile in una democrazia?

La risposta ovvia è che questo sembra il metodo migliore per non perdere voti nell’attuale panorama politico. Il partito Tory sta portando avanti una strategia di voto in stile Trump: l’idea è quella di riattivare un numero relativamente piccolo di elettori (e in particolare gli utenti dei social media) che faranno poi il lavoro di comunicazione per il Governo — diffondendone i messaggi — mentre gli elettori cosiddetti moderati si allontanano, per disgusto, dalla politica. La strategia mira a sostenere la coalizione Leave del referendum sulla Brexit del 2016 e a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dal disastroso e tragico bilancio di morte del Regno Unito, concentrandosi non sull’economia, ma sulla cultura.

Le mosse contro le comunità gitane e nomadi, i migranti e i manifestanti sono solo parte di una più ampia svolta di estrema destra, vista anche in un ipotetico aumento del tetto massimo di armi nucleari della Gran Bretagna, il taglio delle spese per lo sviluppo internazionale (una mossa potenzialmente illegale, da tempo sostenuta da partiti come il Partito per l’Indipendenza del Regno Unito), e l’approvazione di disegno di legge sull’intelligence che permetterebbe agli agenti di commettere crimini orribili garantendo impunità e la possibilità di usare bambini-spie.

Orbán al numero a Downing Street?

L’agenda del Governo è accompagnata da pericolose erosioni del rispetto del principio del giusto processo e dello stato di diritto, delle regole di un controllo indipendente e della libertà dei media.

Durante tutto il periodo della pandemia, il clientelismo di alto livello è stato evidente al vertice del Governo britannico. Amici e alleati dei Ministri del Governo hanno goduto di un accesso rapido a contratti lucrativi, il tutto infrangendo la legge. Il New York Times ha scritto sulla questione, parlando dell’impatto di questo saccheggio e di “aziende politicamente connesse che hanno raccolto miliardi”. Il Commissario per le nomine pubbliche è stato diretto sulla perversione delle nomine negli enti pubblici, sostenendo che “la composizione delle commissioni d’intervista è fatta di alleati”.

L’ex direttore del Daily Mail, Paul Dacre, è in lizza per diventare il nuovo direttore dell’Ofcom, l’autorità competente e regolatrice delle Comunicazioni nel Regno Unito. Sotto Dacre, il giornale aveva una linea editoriale chiaramente xenofoba e di estrema destra: molto famosa è la prima pagina che riportava i volti di tre giudici dell’Alta Corte, titolando “Nemici del popolo” nel periodo della battaglia giudiziaria legata al processo della Brexit nel 2016.

 Ofcom si troverà a dover fare il suo lavoro in un periodo in cui il Regno Unito affronta l’arrivo di due nuovi attori dei media. GB News, un nuovo canale in stile Fox News, sostenuto da fondi speculativi stranieri, che prevede un appuntamento regolare, una sorta di “Wokewatch” (tendenza contro la cultura cosiddetta “woke” e la “cancel culture”, ndt). A questo si aggiunge Times Radio, finanziata da Rupert Murdoch.

Il tutto, mentre la BBC sta appassendo sotto una crescente pressione del Governo e della destra, al punto che alcuni accademici sostengono che Boris Johnson sia “il Primo ministro più ostile che la BBC abbia mai affrontato”.

Nemmeno il sistema politico ne esce indenne. Le tattiche di soppressione degli elettori in stile Usa sono state importate per andare verso l’uso diffuso dell’identificazione degli elettori. In Gran Bretagna, che non ha mai avuto un sistema di carta d’identità, si stima che 3,5 milioni di britannici – in gran parte poveri e giovani – non posseggano un mezzo di identificazione fotografica. Il gerrymandering che ne uscirà fa pensare che alle elezioni del 2023 i Tories potrebbero ottenere 10 seggi in più.

Una non-costituzione che non funziona

Già nel 2019, una fonte tutt’altro che estranea establishment come l’Economist ha sostenuto  che il modello di governo del Regno Unito — il “good chap” model, modello del “buon capo” — si stava sgretolando. La Costituzione non scritta della Gran Bretagna, un modello cresciuto “accidentalmente”, ha fatto affidamento sui politici che fanno la cosa giusta, piuttosto che su regole che ne assicurano il funzionamento. Le regole per lo svolgimento della vita del Parlamento e nei rapporti tra Governo e funzionari si basano su delle pratiche e una cultura assimilate, piuttosto che su regole scritte.

Questo modello di “buon capo” poggia comodamente sulla natura della classe politica britannica, che è ritornata in maniera incontestabile nelle mani di uomini formati in scuole private e all’Oxbridge, provenienti da ambienti benestanti. È stato suggerito che Boris Johnson è “troppo elegante per fallire”: nonostante l’apparenza di dilettantismo e umorismo maldestro, nasconde di fatto un’ambizione spietata.

In gran parte del mondo, la natura e il volto della leadership politica stanno cambiando. Dal trentottenne Presidente kosovaro Vjosa Osmani-Sadriu, all’ammirata Primo ministro neozelandese Jacinda Ardern, la leadership appare, suona ed è diversa da quella del passato. Ma nel Regno Unito non c’è — nel Governo o nell’opposizione ufficiale laburista — alcun tipo di visione per realizzare il cambiamento che è chiaramente necessario in una società profondamente divisa dalle disuguaglianze, in particolare quella regionale, e in un ambiente profondamente degradato (il Regno Unito è al 189° posto su 218 paesi per la sua biodiversità).

Le fatiscenti istituzioni democratiche britanniche si rispecchiano in un modello economico neoliberale che ha chiaramente fallito. La vaga e non dimostrata promessa del Governo di “livellare” il Paese e affrontare la disuguaglianza regionale è un riconoscimento di questo dato di fatto. Anche i giornali tradizionalmente neo-Thatcheristi come il Financial Times e l’Economist stanno mettendo sempre più in discussione i principi del neoliberismo. Ma senza una direzione alternativa, il campo è lasciato a persone (in gran parte uomini) dall’ambizione infinita, senza la convinzione o il desiderio di fare qualcosa per il bene comune, ma che semplicemente mirano a godere del potere e alla rendita, per loro e per i loro amici.

Come ci opponiamo?

Nella lotta contro un Governo sempre più autoritario, c’è il rischio che si tragga la lezione sbagliata dal successo dei democratici di Joe Biden nello sconfiggere — per un pelo — i repubblicani di Donald Trump. Negli Stati Uniti la vittoria è arrivata facendo profilo basso: cosa che è stata sufficiente per sconfiggere la caotica e discordante campagna di Trump, ma solo di poco. Nel Regno Unito, i conservatori sono più spietati nella loro volontà di vincere. Alcuni oppositori sono tentati di evitare la “guerra culturale”, sostenendo che sfidare il Governo sul suo stesso territorio parlando a favore di Black Lives Matter o del diritto di protestare gli permette semplicemente di controllare l’agenda. Il partito laburista, in particolare, tiene la testa bassa. Ma se non chiamiamo chiaramente per nome la natura di estrema destra di questo programma e non ci battiamo per i vulnerabili, quello che viene inevitabilmente in mente è  il “Prima vennero…”di Martin Niemöller.

Quello che i Verdi stanno facendo, con sempre maggiore efficacia, è sfidare le posizioni autoritarie di estrema destra, e dirigere sforzi uguali o maggiori verso lo sviluppo di una visione alternativa e positiva del bene comune, basata sull’idea di fermare il saccheggio delle risorse pubbliche e naturali, offrendo una vita migliore e una società più equa. È una direzione che guarda avanti, riconoscendo attraverso il sostegno a un reddito di base universale che i contributi vengono in molte forme al di fuori del lavoro retribuito, concentrandosi sulla necessità di una giusta transizione verso una società a zero emissioni di carbonio, e sottolineando lo stretto legame tra salute pubblica e natura.

Parte di questa visione riguarda anche la realizzazione della promessa della democrazia britannica. Oggi un Governo che ha ottenuto il 44% dei voti esercita il 100% del potere. Rendere il Regno Unito una vera democrazia significa introdurre un sistema di voto proporzionale per i Comuni, richiesta chiave dei Verdi che è condivisa dall’efficacissima e relativamente nuova organizzazione di base Make Votes Matter; una Camera dei Lord eletta proporzionalmente (piuttosto che l’attuale mix di aristocrazia feudale e patronato in stile Diciottesimi secolo); e fare qualcosa contro la malattia del centralismo. I governi locali in Inghilterra, così come i sindaci delle regioni cittadine, istituiti di recente, hanno poco potere, autorità o, cosa fondamentale, denaro.

Come questo sarà realizzato, passo dopo passo, è difficile da dire, ma la turbolenza costituzionale è una certezza. La Scozia sembra pronta per un nuovo referendum sull’indipendenza, cosa che i Verdi stanno spingendo. Il Galles è ora altamente ““indy-curious”” (che guarda con più attenzione all’indipendenza, ndt), con i Verdi gallesi che hanno deciso di fare campagna per la questione in qualsiasi referendum.

L’Irlanda del Nord affronta una grave instabilità e una violenza significativa, mentre lotta per affrontare la promessa non mantenuta del suo  nuovo status post-Brexit con un “confine lungo il Mare d’Irlanda”.

Lo status quo — non significativamente cambiato a Westminster da quando le donne hanno ottenuto il voto un secolo fa — è profondamente instabile. La devoluzione alla Scozia e al Galles e gli accordi costituzionali (combinati con gli impatti della Brexit) nell’Irlanda del Nord sono chiaramente questioni in sospeso. I Leavers, che sono sempre più arroccati verso i voti dei più vecchi, diventano ogni anno più numerosi. Con questa instabilità, il rischio di guerre culturali, politiche di estrema destra e autoritarismo aumenta.

Negli ultimi giorni del neoliberismo, guardare indietro alle filosofie politiche del Diciannovesimo secolo non porterà il cambiamento che così tante persone, colpite dalla povertà e dall’insicurezza, minacciate da disastri legati all’ambiente come il Covid-19, e spaventate dal futuro, stanno cercando. Offrire qualcosa di nuovo, diverso, stimolante e portatore di speranza è la chiave.

Tradotto in collaborazione con la Heinrich Böll Stiftung Parigi, Francia.

Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation
Democracy Ever After? Perspectives on Power and Representation

Between the progressive movements fighting for rights and freedoms and the exclusionary politics of the far right, this edition examines the struggle over democracy and representation in Europe today.

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